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Arezzo, morte di Sara Ruschi: le prove che inchiodano il marito

Morte di Sara Ruschi, le prove inchiodano il marito. Jawad Hicham è stato arrestato ad Arezzo poco dopo il massacro di Sara Ruschi, sua moglie, e Brunetta Ridolfi, la suocera. L’accusa è che sia lui l’assassino. L’indagato è rimasto in silenzio di fronte alla Gip, Giulia Soldini, e resterà comunque in carcere. Le prove al momento parlano per lui, in particolare le chat scambiate via Messenger con Sara. I loro figli sono stati affidati al nonno materno, che ha 80 anni.
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Sara Ruschi, assassinata ad Arezzo insieme alla madre. Le prove contro il marito.
Sara Ruschi, assassinata ad Arezzo il 12 aprile 2023

Sara Ruschi, le prove che inchiodano il marito

Appena fermato, lo scorso 13 aprile, poche ore dopo il duplice femminicidio, Hicham, 38 anni, avrebbe urlato: “Le ho ammazzate, le ho ammazzate”, cosa che avrebbe detto anche al telefono al 118. Ma non ha più confermato la versione, rifugiandosi nel silenzio. Per la morte di Sara Ruschi, le prove inchiodano il marito. La donna, 35 anni, è stata uccisa insieme alla suocera, Brunetta Ridolfi, di 76 anni. Sono state massacrate a colpi di coltello. L’arma del delitto sarebbe anche stata trovata addosso al sospettato, almeno nelle prime ricostruzioni.

L’uomo, di origini marocchine, è stato arrestato lo stesso 13 aprile, poco distante dall’abitazione della moglie. Ad avvisare per primo il 118 è stato il figlio di 16 anni, che insieme alla sorellina è stato affidato al nonno ottantenne, vedovo della suocera morta nella strage.

A inchiodare il sospetto, oltre alle prime reazioni all’eventuale ritrovo dell’arma del delitto nei suoi abiti, anche lo scambio di messaggi via Messenger. I due avrebbero litigato furiosamente per qualche motivo, al punto che Sara lo definiva già come un ex. La reazione del marito è violenta: “A te ti taglio la gola” e “Io non picchio le donne ok”. Lei disperata, scriveva su whatsapp: “Non posso semplicemente buttarlo fuori, se lui va alla polizia sono obbligata a farlo entrare in casa”.

Sara Ruschi, i disperati tentativi di allontanamento e l’epilogo violento


Sara Ruschi lavorava come cuoca. Scambiando alcuni messaggi su whatsapp con un amico di origini argentine, scriveva: “senza un referto o un livido” è difficile ottenere una misura del giudice. “Ma questa è casa mia, non me ne vado solo per far uscire lui”. Il sabato di Pasqua, Sara si sarebbe presentata dai carabinieri, ma per raccontare di un’intrusione operata dal marito nel suo telefono. Poi si era sfogata con un militare amico che l’aveva consigliata su come muoversi. I carabinieri “verranno e lasceranno una dichiarazione per fargli paura”. Nulla è servito a salvarle la vita. Il commento del fratello di Sara, Roberto: “Non me ne frega niente se non ha parlato col giudice, non voglio vederlo mai più. Basta che gli diano l’ergastolo”.

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