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Che fine ha fatto il bitcoin? Le ragioni del crollo e perché nessuno ne parla

Che succede al bitcoin? La criptovaluta più famosa crolla di quasi il 30% in una sola settimana: le quotazioni sono cadute sotto la soglia di 5.000 dollari. Lo scivolone ha portato la capitalizzazione al di sotto degli 80 miliardi di dollari, la metà rispetto a un anno fa quando le quotazioni si preparavano a spiccare il volo, sull’onda di una speculazione senza freni, fino al picco di quasi 20mila dollari e oltre 330 miliardi di capitalizzazione. Il nervosismo ha trainato al ribasso l’intero comparto delle criptovalute, con tutte le grandi che hanno segnato perdite in linea con bitcoin.

In particolare Ethereum è scivolato al terzo posto per valore di mercato, superato al secondo da Ripple, la criptovaluta utilizzata per le operazioni interbancarie da diverse banche internazionali. La capitalizzazione delle oltre 2mila criptovalute è crollata a 146 miliardi rispetto agli 800 di inizio anno. Le uniche a essere rimaste salde sono le stablecoin, quelle legate a un valore esterno come il dollaro.

Perché tutto questo? Il nervosismo si è evidenziato sette giorni fa, proprio alla vigilia della nuova biforcazione della blockchain di Bitcoin Cash, la valuta a sua volta nata lo scorso agosto dalla scissione interno al capostipite bitcoin. Allora il Cash era nato sulla base di nuovi standard mirati a rendere più rapidi le transazioni su bitcoin mediante un ampliamento della capacità dei singoli blocchi della blockchain. Questa volta la scissione del Cash, consumata giovedì scorso, tra “Bitcoin Abc” e “Bitcoin Sv”, è apparsa più che altro, fin dall’inizio, una lite di famiglia, senza alcuna giustificazione precisa se non uno scontro di potere tra i creatori della nuova valuta.

Il risultato è che il valore del Cash si è più che dimezzato in una settimana, arrivando a quota 200 dollari, rispetto a 530 sette giorni fa. Nel complesso quindi la “hard fork”, come si chiama nel gergo del criptomondo, ha contribuito a rafforzare l’immagine di un mondo senza governance, decisamente opaco e in mano a pochi attori che ne possono determinare le evoluzioni.

Questo clima si è inserito in un sistema che già da mesi aveva mostrato i suoi limiti di mercato scarsamente regolamentato, a elevato rischio di manipolazione. I contratti futures introdotti lo scorso dicembre a Chicago non hanno avuto l’effetto di rendere più ordinato il mercato, che è andato invece rarefacendosi con scambi totali che superano a fatica i 20 miliardi al giorno a livello globale. In una situazione di scarsa liquidità, in cui il mercato è dettato dai compratori, spesso determinati a non raccogliere le offerte sul mercato, favorendo così vistose cadute.

C’è da dire che nei suoi dieci anni di vita il bitcoin ha già vissuto periodi di forti scossoni. Ma questa volta l’attenzione è maggiore perché l’evoluzione dello scorso anno ha portato la criptovaluta all’attenzione anche dei player istituzionali della grande finanza come potenziale asset di investimento e di conservazione del valore. È evidente che con oscillazioni del genere anche questa immagine viene rimessa in discussione.

Al clima di incertezza hanno contribuito anche gli interventi regolatori della Sec, che la scorsa settimana ha emesso la prima condanna contro gli artefici di due Ico. La mossa rientra in una più ampia azione regolamentare da parte dell’Authority finanziaria americana mirata a mettere un freno deciso agli abusi e alle truffe potenziali che si sviluppano nel mondo delle valute digitali. In particolare il presidente Jay Clayton ha ribadito in più occasioni che le criptovalute, escluse bitcoin, ethereum e poco altro, sono assimilabili a “securities” e quindi devono essere sottoposte alle stesse regole delle altre securities.

Ma anche le altre istituzioni non stanno a guardare. Proprio questa settimana il membro del board della Bce Benoit Coeure non ha usato mezzi termini: “Il bitcoin è un’idea estremamente intelligente. Purtroppo non tutte le idee intelligenti sono buone idee. Da più di un punto di vista, il bitcoin è il diavolo generato dalla crisi finanziaria”, ha affermato, e ha ripetuto : “Le criptovalute sono una bolla, uno schema Ponzi e un disastro ambientale”.

 

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