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Come la Libia ha esteso il controllo sul Mediteranneo, nel silenzio degli italiani

Una polemica che si trascina da tempo lungo, lunghissimo, quella tra Italia e Libia per il controllo delle acque del Mediteranneo. Tornata di colpo d’attualità dopo il sequestro dei 18 marittimi di Mazara del Vallo, che tanto ha fatto discutere. E che arriva in un momento in cui il Paese africano, segnato da conflitti interni, non è neanche un’entità politica ben definita. La questione affonda le radici negli anni Settanta, per la precisione in quel 1973 che vide l’allora regime del colonnello Gheddafi dichiarare che il Golfo di Sirte faceva parte delle acque interne. Una rivendicazione che avrebbe allargato i confini libici e che fu respinta da diversi Paesi, tra i quali l’Italia.

E ancora: nel 2005 il governo di Tripoli stabilì, in modo unilaterale, una zona marittima di protezione della pesca. Un’altra decisione che provocò la protesta di diversi Stati e dell’Unione Europea, visto che ancora una volta la modifica sarebbe andata a tutto vantaggio dello Stato nordafricano. Nel 2009, la Libia dichiarò una ZEE (Zona Esclusiva Economica) “adiacente e che si estende oltre le sue acque territoriali come consentito dal diritto internazionale”. A oggi, non è ancora stato tracciato un limite preciso.Il 28 giugno 2018 l’IMO (Organizzazione Marittima internazionale) registrava infine su comunicazione delle autorità libiche la zona SAR (Search and Rescue) libica con un proprio centro di coordinamento di soccorsi dei migranti (JRCC). Calcoli alla mano, risulta che dalla costa di Tripoli fino al limite delle acque territoriali libiche ci sarebbero circa 116 miglia, una fascia all’interno della quale ogni imbarcazione sorpresa a pesca va incontro al sequestro.Una normativa che penalizza non poco l’attività ittica siciliana, è la rivendicazione avanzata da tempo da diversi esponenti della categoria, anche perché la Marina Militare non offre più protezione come in passato, invitando i pescherecci ad allontanarsi. Nel 2015 il peschereccio Airone, uscito dal porto di Mazara del Vallo, era sfuggito a un tentativo di sequestro grazie all’intervento degli incursori del GOI e della fregata Bergamini.

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