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Duello Renzi-Salvini tra battute e colpi bassi: ecco chi ha vinto

L’attesissimo duello tra i due Mattei è andato in onda. Il salotto di Bruno Vespa si è trasformato in far west, dove i due cowboy si sono sfidati a colpi di numeri, insulti velati, proposte e controproposte, battute e colpi bassi. Il duello è stato anche un modo per Salvini e Renzi di ottenere la reciproca legittimazione come leader. Parte Salvini: “Renzi in maniera geniale si è inventato un governo sotto il fungo per evitare le elezioni”. L’altro: “Il colpo di sole da Papeete che ha preso il collega Salvini è evidente. E lo fa rosicare ancora adesso”.

Di nuovo Salvini: “Lui si inventa un governo dalla sera alla mattina. Dice ‘Bruno stai sereno’. E poi traaac. Fa un governo”. Vespa, con una battuta, provoca: “In fondo, voi due avete un obiettivo comune: fare la festa a Conte”. Salvini glissa e Renzi lascia abilmente affogare l’affermazione, poi torna all’attacco.

“Lei era per la Padania ed ora è nazionalista, era comunista padano ed ora sta con Casa Pound, tifava Francia agli Europei, cantava ‘senti che puzza scappano anche i cani sono arrivati i napoletani’ e ora difende l’Italia, diceva basta euro e ora fa l’europeista. Diceva di Di Maio peste e corna e ci ha fatto il governo insieme. Lei è una banderuola”. Renzi, come sempre, è molto preparato, ha studiato nel dettaglio le debolezze dell’avversario, i tempi, sa dove e quando colpire.

Colpo riuscito sul Papeete (“era meglio se lei non si fosse messo in missione al Senato mentre era in spiaggia”), altro colpo riuscito sulle numerose assenze di Salvini ai Consigli europei dove si discuteva di immigrazione, così come sulle scarse presenze dell’avversario al Senato (“ha partecipato all’1,3 per cento di votazioni”), insomma “se fai il ministro stai nelle istituzioni, non vai per sagre”.

“Sono 27 anni che fa politica, da quando non c’era Porta a Porta e Di Maio era alle elementari e non ha portato a casa nulla. Solo spot”. Salvini sembra meno costruito nella gestione del confronto, meno preparato ma più attento ai segnali da inviare al pubblico: non vuole dimostrare di essere più preparato e più bravo di Renzi (sa da solo di partire sconfitto in partenza su questo terreno), e quindi gioca la carta di mostrarsi sorridente, allontana da sé l’immagine del Truce che spaventa gli italiani, dice di guardare al futuro e di non pensare al passato.

Ed effettivamente, a vederlo, non fa paura con quell’aria da ultimo della classe che arriva scanzonato agli esami, sapendo che il grosso degli italiani è come lui. Ha una strategia da social, guarda fisso in camera, torna a battere sui suoi temi più cari e in ogni occasione sottolinea come gli italiani ancora lo adorino e gli diano un consenso oltre il 30%: “Non saranno mica tutti scemi”.

Per lui sono guai quando Renzi introduce l’argomento Russia (“Io credo alla tua versione: credo che tu non abbia preso un rublo dai russi. Ma allora perché non hai querelato Savoini?”). Anche qui Salvini glissa e parla del consenso: “Renzi è un genio incompreso, ha fatto tutto e bene, ma gli italiani non se ne sono accorti, io sono al 33, lui al 3 per cento. Sono tutti scemi gli italiani?. Io vado a Milano Marittima e voi a sinistra siete abituati a champagne e caviale a Montecarlo”. Il popolo, dunque. Quello sensibile al tema immigrazione, dove il leader della Lega fa tornare ogni discorso, anche perché il ritmo della trasmissione consente i comizietti contrapposti, senza tante interruzioni.

“Io bugiardo, razzista, vabbè. Con la politica dei porti aperti vi lavate la coscienza ma ci sono le stragi in mare”. Salvini non ha un appunto, una frase, si limita a citare l’Umbria per raccimolare ancora voti in vista delle imminenti regionali. Sfrutta il duello, dunque, per fare campagna elettorale, non gli interessa molto controbattere Renzi sui temi. Anche perché non ha argomentazioni forti. È una macchina da consenso, dove contano gli spot e i sorrisi, non i temi e le cifre reali. Su quelli, Renzi è decisamente più bravo. Ma proprio per questo risulta antipatico, come sempre.

Il confronto è questo, con Renzi che ripete spesso “quando io ero a palazzo Chigi”, e Salvini “quando io ero al Viminale”. Due ex, appunto. Per essere un appuntamento fondativo di una narrazione, quella dei due “Mattei”, c’è “poco sangue”, e fin troppo rispetto. L’intento di Renzi era imporsi come il capo dell’alternativa a Salvini. Salvini voleva dimostrare di avere ancora in mano l’Italia. Resta qualche battuta, nel finale, la parte più divertente.

“Non faccio conferenze in giro per il mondo a decine di migliaia di euro”, dice Savini. Risponde Renzi: “Semplicemente perché a lei non la invitano per le conferenze”. Sì, a volte si danno del tu, a volte del lei. Chi ha vinto dunque? Ognuno si sarà fatto la sua idea, su una cosa però sono tutti d’accordo: il vincitore è sicuramente Bruno Vespa. Che gongolava per essere riuscito a mettere in piedi lo scontro del secolo e di esserselo gestito senza nemmeno troppa fatica, perché i due sono stati fin troppo buoni.

 

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