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L’esempio di Fioramonti: un ministro che si dimette in un’Italia incollata alla poltrona

Benvenga Fioramonti! La sua coerenza e la sua battaglia per la scuola. In un Paese che ci ha abituati a politici e dirigenti attaccati con il sedere alla poltrona, un ministro, non coinvolto in scandali e non costretto dall’opinione pubblica, che decide di dimettersi per questioni di principio, è un bellissimo esempio. Il ministro Fioramonti aveva annunciato, già ai tempi del Conte1, che se il Governo non avesse investito almeno 3 miliardi nell’Istruzione, lui si sarebbe dimesso. Il Governo si è guardato bene dal finanziare la scuola (mentre, nello stesso tempo, probabilmente, verserà un miliardo di Euro per salvare gli incauti obbligazionisti/azionisti della Popolare di Bari) e il ministro, come annunciato sia dal FattoQuotidiano, sta pensando seriamente proprio alle dimissioni.

Voci di corridoio le danno per certe. L’Istruzione e l’Alta Formazione sono fondamentali e da sempre in Italia sono soggette a tagli. Il personale della scuola è al limite del normale, gli stipendi sono tra i più bassi in Europa e il precariato ha disintegrato intere generazioni di insegnanti e quindi di alunni. Per reggere la sfida della globalizzazione occorreranno laureati sempre più preparati. Per lottare contro la malavita e il degrado delle periferie occorre una scuola di frontiera. Per ridurre la disoccupazione occorre una scuola/università contaminata dall’Industria. Lo scorso anno, ben 117 mila giovani Italiani sono scappati dal nostro Paese.

Come scrive Vincenzo Vespri su Nextquotidiano, “bene farebbe questo ministro a dimettersi per gridare contro questo scempio, per indicare un percorso diverso da seguire. C’è solo da augurarsi che questo grido di allarme abbia un qualche effetto sulle politiche governative! In ogni caso, grazie Ministro Fioramonti per il grande gesto che si appresta a fare”. Va anche detto che probabilmente Fioramonti, da un punto di vista di strategia politica, ha  intercettato la voglia di cambiamento che adesso agita le piazze italiane con le sardine e che due anni fa le agitava con il Movimento5Stelle. E quello è un bacino elettorale a cui guardare.

Questa mossa, quindi, potrebbe ripagarlo in futuro. Il popolo chiede un nuovo modo di pensare alla politica. Il movimento delle sardine deve essere inteso sì come opposizione a Salvini ma non come appiattimento sul Governo in carica. Si deve avere il coraggio di dire che le cose non vanno bene. Che non siamo contenti di come siamo governati. E i politici che pensano che il Governo doveva fare scelte diverse, devono avere il coraggio di staccare il culo dalla poltrona.

 

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