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“Forza Simo!”. E alla fine Pillon si fece coraggio… da solo!

Condannato per diffamazione nei confronti di un’associazione Lgbti, Simone Pillon si difende a spada tratta su Facebook. Da solo. “Sono stato condannato in primo grado per aver osato difendere la libertà educativa delle famiglie, che a quanto pare non possono più rifiutare l’indottrinamento gender propinato ai loro figli”. Ma il senatore leghista è andato oltre, non solo annunciando il ricorso, ma citando Orwell e arrivando al punto di fare coraggio a sé stesso.

“Certe condanne sono medaglie di guerra” ha scritto Pillon sul proprio profilo, dicendosi deciso a non mollare. Poi, nella foga, ha piazzato un “Forza Simo” tra i messaggi. Dimenticando, probabilmente, di cambiare account per fingere che fosse qualche sostenitore a incoraggiarlo. Con il grottesco risultato di scrivere, di fatto, a sé stesso. Una piccola gaffe che tuttavia non sfugge all’occhio dei commentatori, impegnati per tutto il pomeriggio a sfotterlo.
Pillon, però, non l’ha presa affatto bene. Evidentemente colpito da tanta ilarità, Pillon ha modifica il messaggio, sfottendo a sua volta i detrattori e con tono ironico ma piccato replicando con tanto di emoji con l’occhiolino: “FORZA SIMO! E questa volta, car* amic*, non l’hanno scritto i ragazzi dello staff dimenticando di cambiare account, e nemmeno una delle mie 76 diverse identità di genere, me lo sono proprio scritto da solo: volevate l’autodeterminazione no!? Ora torno a difendere la libertà educativa di mamma e papà”.“Sciocchezze come genitore 1 e 2, bestialità disumane come l’utero in affitto, le lascio volentieri a voi, amici del progresso. Un saluto – chiude – dal vostro Senatore medievale preferito”. L’effetto sui commentatori? Triplicato, con la pezza che per alcuni sembra peggio del buco. E fra ironia (“Incitarsi da solo è solo l’inizio. Cominci a preoccuparsi ai primi battibecchi tra Pillon 1 e Pillon 2”) e qualche insulto: “Ridicolo”, “pensare che lei è stato scelto per riformare il diritto di famiglia, da brividi” . “Simò, hai fatto ‘na caxxata. Stacce”.

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