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Di Maio, Caracciolo: “Un Paese dove un bibitaro può diventare ministro ha da insegnare”

Luigi Di Maio è il grande protagonista dell’ultima puntata di Otto e mezzo. Anche se il ministro degli Esteri non è presente né nello studio di La7, né in collegamento video. A discutere dello scontro senza esclusione di colpi tra lui e il leader del M5S, Giuseppe Conte, sull’invio di armi all’Ucraina ci sono però, oltre alla conduttrice Lilli Gruber, i colleghi giornalisti Massimo Giannini e Marco Travaglio, e il direttore di Limes Lucio Caracciolo. Ed è proprio quest’ultimo a difendere Di Maio dagli attacchi di Travaglio.

Luigi Di Maio

“Se un bibitaro è entrato nella stanza dei bottoni…”, riflette ad alta voce Massimo Giannini cercando di difendere Di Maio. “Ora è garante delle élite? È diventato classe dirigente, con pragmatismo. Non bisogna ridicolizzare certe esperienze. Ma ora lui ha imparato come si sta al mondo e ha assunto posizioni coerenti con il suo incarico”, aggiunge il direttore de La Stampa. “Lui ha un mandato preciso, rimanere all’interno del M5S il più possibile per cercare di affossarli e consentire ai media di parlare solo delle divisioni interne e non dei programmi”, è la replica del direttore del Fatto Quotidiano.

“Prima di tutto va tutta la mia simpatia ai bibitari e alla loro funzione sociale. – interviene quindi Lucio Caracciolo – Un Paese in cui un cosiddetto bibitaro, venditore di bibite allo stadio, può diventare ministro, per me è un Paese che ha ancora qualcosa da insegnare. Specialmente se questo è un Paese basato sulla rendita. In secondo luogo, non sono un filologo delle dichiarazioni di Di Maio, ma che lui si sia contraddetto mi pare francamente una banalità”.

“Io non conosco un politico, o anche semplicemente una persona, che non si sia contraddetta. – prosegue Caracciolo – Quindi è una categoria che non mi interessa. Nessun trasformismo. Si possono fare esempi di grandi leader mondiali che hanno detto le cose più diverse nel corso della loro vita. Ma quello che è importante è la questione delle armi all’Ucraina. Trovo che ci sia una carenza di dibattito in Italia su tutta la questione della guerra, ma sulle armi in particolare”, conclude.

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