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Alysia, l’atleta col pancione che accusa la Nike: “Non volevano avessi figli”

Fino a qualche anno fa era la mezzofondista più forte degli interi Stati Uniti. Oggi, spinge un passeggino con l’ultimo dei suoi figli: in ordine d’età, Linnea di 4 anni, e Astor di 1 anno e mezzo. Due gravidanze gestite fino all’ultimo sulle piste di atletica. Nel 2014 Alysia gareggiò con il suo solito fiore tra i capelli e il pancione di otto mesi. Le conduttrici dei talk la intervistavano stupite, i giornali la chiamavano “wonder woman” e così via. Una bella favola, verrebbe da pensare. E invece no.

Pochi giorni fa, la runner ha infatti pubblicato un video sconcertante sul New York Times. “Il mio sponsor Nike conduce campagne pubblicitarie a favore della parità di genere. Il loro slogan invita a ‘fare sogni da pazzi’, ‘just do it’, fallo e basta. Ma anni fa, quando avevo comunicato ai loro manager, quattro uomini, che volevo un bambino, mi hanno risposto semplicemente “fallo e noi blocchiamo il tuo contratto”. In altre parole: niente compensi, nessun congedo di maternità retribuito.Come ricorda il Corriere della Sera, Alysia ha partecipato alle Olimpiadi ma il comitato olimpico degli Stati Uniti garantisce la completa copertura sanitaria solo agli atleti che si piazzano ai primi posti nelle gare di qualificazione nazionale. Obiettivo semplicemente fuori portata per una donna incinta. Risultato: nel 2014 e poi ancora nel 2017 Alysia si è trovata a scegliere tra lo stipendio e la maternità. Ha cercato di reggere, correndo fino a un mese dal parto e poi riprendendo immediatamente ad allenarsi subito dopo, a casa, in palestra, nei parchi con la carrozzina del neonato.
Ora, però, Alysia Johnson ha deciso di uscire allo scoperto. Il suo racconto comincia con queste parole: “L’industria dello sport garantisce agli uomini una carriera protetta, ma cancella una donna che vuole avere un figlio”. In alcune discipline, come il basket o il calcio, le leghe nazionali pagano le giocatrici professioniste. Nell’atletica, invece, l’unica fonte di reddito è rappresentata dagli sponsor.

Le regole sono fissate dai contratti. In una nota ufficiale Nike ha riconosciuto che nel passato “sono stati ridotti i compensi ad alcune delle atlete sponsorizzate a causa della gravidanza”. Una politica che sarebbe cambiata nel 2018, anche se l’azienda ha rifiutato di precisare se questi “cambiamenti” figurino nei nuovi contratti.

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