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La vita oltre la Terra: la Nasa continua a scoprire pianeti abitabili

Stando agli ultimi dati riportati dal telescopio Kepler, nell’universo ci sono forme classificabili come nuovi mondi. Ma esistono pianeti come la Terra? Su quali di essi è possibile una forma di vita aliena? La missione della Nasa è da sempre quella di rispondere a queste e a molte altre domande sull’universo

La Nasa non smette di scrutare lo spazio. La ricerca di nuove galassie continua senza sosta grazie a scienziati, tecnici, astronauti e a strumenti sempre più sofisticati, sui quali vengono investiti ogni anno migliaia di dollari.

L’ultima news che arriva dalla base spaziale americana riguarda la scoperta di 219 pianeti fuori dal nostro sistema solare, di cui 10 possibilmente “abitabili” perché delle stesse dimensioni della Terra e posizionati rispetto alle loro stelle di riferimento con una distanza che  farebbe ipotizzare la presenza di acqua allo stato liquido.

La Nasa ha reso nota questa ennesima scoperta attraverso una conferenza stampa della Ames Research Center, nella Silicon Valley (California). Grazie ai dati registrati nella costellazione del Cigno, il telescopio spaziale Kepler ha riempito il suo ultimo catalogo rivelando ulteriori pianeti che potrebbero somigliare alla Terra, di conseguenza presentare forme di vita.

Il telescopio Kepler ha già identificato 4.034 pianeti, confermandone 2.335 e verificandone circa 30 come mondi possibili, in quanto di dimensione simile alla Terra e di distanza tale dalla propria stella da poter ipotizzare la presenza di acqua.

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I numeri di un successo conclamato

La Nasa (National Aeronautics and spaces administration) è ufficialmente nata nel 1958 grazie all’ appoggio dell’allora presidente americano Eisenhower. La NACA, ovvero l’organismo di ricerca aeronautica spaziale, che fino a quel momento era leader negli Usa, e la ABMA (l’Army Ballistic Missile Agency) si riuniscono insieme sotto quello che oggi conosciamo come il più grande laboratorio spaziale della Terra.

Fin dalla sua nascita, la Nasa poteva contare ogni anno su 100 milioni di dollari statali, che venivano elargiti per vincere quella che viene definita “la corsa allo spazio”. Stati Uniti e Unione Sovietica, soprattutto negli anni della guerra fredda, hanno infatti puntato gli occhi al cielo come obiettivo per conclamare il proprio status di superpotenza.

E la storia insegna che dopo la “conquista” della luna da parte degli americani nel 1969, gli Usa segnarono un punto vincente grazie alla missione Apollo 11. In quei anni la Nasa contava su un numero di dipendenti interni pari a 36 mila persone, e altrettanti 376.700 lavoratori di società esterne.

Complice il cinema hollywoodiano, la Nasa è servita a creare l’immagine di un’America che dichiarava, così, la propria capacità di raggiungere e oltrepassare i confini del mondo, conquistando un punto importante sul dominio culturale, sociale ed economico che avrebbe poi mantenuto saldamente nei decenni successivi.

Purtroppo i fallimenti di alcune missioni, la perdita di uomini durante svariati incidenti, ma soprattutto il passaggio ad una stazione spaziale internazionale hanno fatto sì che gli Usa collaborassero anche con altre nazioni, come il Giappone, per concludere alcuni progetti che non avrebbero altrimenti visto la luce per cospicui tagli ai finanziamenti. 

Il catalogo e la classificazione dei pianeti

Il telescopio Kepler ha già riportato otto cataloghi pieni di informazioni accurate. Susan Thompson, coordinatrice del catalogo che ha rivelato i 219 nuovi pianeti, ha subito posto la domanda più interessante, alla quale il progetto cerca di dare una risposta concreta: quali sono i pianeti più simili alla Terra? Proprio grazie a Kepler si sono già evidenziate due tipologie principali: quelli più grandi e rocciosi, come il nostro, e quelli di dimensioni più piccole, gassosi, come Nettuno. Questa importante classificazione è straordinaria perché sarà più facile intercettare mondi simili alla nostra Terra o al contrario particolarmente inospitali.

Attendendo la costruzione di nuovi telescopi terrestri, che confronteranno e verificheranno i dati con quelli già presenti in orbita, continuiamo a farci la stessa domanda: oltre a noi, c’è vita nello spazio?

Fonti: ansa, focus, corriere