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L’assurdo caso di Great: gareggia in maglia azzurra, batte i record ma non è italiana

Talento purissimo, una capacità straordinaria nel salto con l’asta. Uno sport che la vide indossare virtualmente la maglia azzurra. Quando vince, però, Great Nnachi non può fregiarsi della nazionalità italiana da un punto di vista formale. Anche sei lei, determinatissima, a parole dice di sentirsi cittadina dello Stivale da sempre. Una ragazza alle prese con la sfida più dura, dare voce ai suoi coetanei che non hanno la possibilità di raccontare al mondo la propria storia.

A spiegare il caso di Great, uno dei tanti del recente passato del nostro Paese, è La Repubblica. La ragazza è tesserata al Cus Torino. “Io credo che a volte saper copiare non sia sbagliato: a proposito di integrazione, di ius soli per gli atleti, guardiamo cosa fanno all’estero, dalla Francia all’Inghilterra – spiega il presidente dell’associazione sportiva piemontese Riccardo D’Elicio – E in questo senso lo sport rappresenta una grande opportunità per l’integrazione, partendo dal concetto che questi ragazzi che hanno avuto esperienze complicate sono spesso un passo avanti rispetto ai nostri figli che talvolta educhiamo sotto una campana di vetro”.Nei giorni scorsi Nnachi ha scavalcato i 3,70 realizzando uno splendido record italiano che la proietta a livello mondiale. Sulla scia della classe 2000 Roberta Gherca che oggi da maggiorenne è diventata italiana ma che, quando aveva 15 anni, superò quota 3,91 da cittadina romena. Adesso, però, davanti a Great l’asticella sale ancora: da superare c’è “la legge”, che le impedisce di urlare la mondo la sua appartenenza al nostro Paese. E a tutti noi di andar fieri di una connazionale che si sente più italiana di noi.

L’indicazione la fornisce proprio Great: “Il mio allenatore Luciano Gemello mi ha insegnato a non mollare mai – dice Nnachi – e sono i miei compagni di allenamento che mi danno la forza per dare il massimo e per andare sempre più su. Questo vale per la pedana del salto con l’asta, ma vale anche per la vita. Mio padre lavorava in Fiat ma è mancato quando io avevo appena cinque anni. Sono stati momenti difficili, mia madre era molto triste e io ho cercato di aiutarla facendo anche un po’ la mamma per il mio fratellino Mega che adesso gioca nella Juve”.

“Il mio sogno? Come tutti gli atleti anch’io vorrei partecipare alle Olimpiadi. E poi mi piace vincere e soprattutto non mollare mai: tutti i miei amici mi spingono a dare il massimo e a provare ad andare sempre più su”. Figlia di immigrati nigeriani, la ragazza è nata e cresciuta a Torino e non parla la lingua dei genitori, perché ha seguito tutto il percorso scolastico italiano.

Posto a sedere sul bus? No problem! Adesso ci pensa Google Maps a dirti quanto sono affollati i trasporti pubblici della tua città