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Letta ha incontrato Renzi. 40 minuti di colloquio: cosa si sono detti nel faccia a faccia

Il faccia a faccia c’è stato davvero. Renza-Letti atto secondo. Il segretario del Pd e il leader di Italia Viva si sono incontrati stamattina, martedì 6 aprile. 40 minuti di confronto nella sede dell’Arel, Agenzia di ricerche e legislazione fondata da Nino Andreatta con cui Letta collabora da molti anni. I due, spiegano fonti del Nazareno riprese da HuffingtonPost, hanno fatto un’analisi a tutto campo e convenuto sul fatto che in questo momento lo sforzo prioritario debba essere sul sostegno alla campagna vaccinale del governo e alle azioni di sostegno economiche. (Continua a leggere dopo la foto)

Renzi e Letta hanno poi ragionato sulle prospettive future trovando, spiegano ancora dal Nazareno, alcuni punti di accordo e altri disaccordo, in particolare c’è una divergenza profonda sul rapporto con Conte e il M5s, rapporto che Letta considera essenziale per costruire in prospettiva un’alternativa vincente a Fdi e Lega. Ma Renzi, come è noto, di Conte e del M5S non vuol sentir parlare. (Continua a leggere dopo la foto)

L’incontro, sempre secondo fonti del Nazareno, è stato «franco e cordiale» e ha anche toccato il tema delle elezioni amministrative. Letta si è limitato ad ascoltare alcune idee di Renzi su un tema, quello appunto del voto in città come Roma, Milano, Torino, Napoli, sul quale aprile sarà per il Pd un mese importante per impostare alcune soluzioni. Che, ad oggi, vedono Pd e Italia Viva molto, ma molto lontani. (Continua a leggere dopo la foto)

Letta ha incontrato Renzi per ultimo, visto che il leader del Pd aveva già visto nelle settimane scorse non solo le cariche istituzionali ma tutti i capi dei partiti alleati, ultimo Giuseppe Conte. Ma aveva incontrato anche i segretari dei partiti avversari ma alleati di maggioranza e opposizione (Tajani e Meloni, manca all’appello il solo Salvini). Non è un caso: Matteo Renzi ha stretto la mano a Letta in un quadro di rapporti di forza ormai rovesciati da quando, sette anni fa, la rottura drammatica portò anche il premier dimissionario all’uscita dalla politica attiva, e alla scelta di dedicarsi dell’insegnamento universitario a Parigi.

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