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Intelligenza artificiale: costruire un sistema di AI a livello umano che potrebbe cambiare il mondo

Siamo al punto in cui facciamo progressi costanti nel settore dell’IA, ma dove non possiamo fare previsioni certe. Quali sono le posizioni degli esperti? E cosa ci fa capire che il dibattito è molto più articolato di quanto si possa immaginare? Il nuovo salto di qualità nell’ambito dell’intelligenza artificiale è suggerito nuovamente dallo studio del cervello umano. Tuttavia il cervello è molto più complesso e coinvolge circa 180 regioni distinguibili e specializzate, solo alcune delle quali sono le regioni della corteccia visiva. Vi sono regioni per il linguaggio, per l’udito, e così via per molte funzioni inerenti la memoria, il ragionamento astratto, etc. Le tecniche di imaging sviluppate negli ultimi anni hanno consentito di ricostruire l’architettura del connettoma di alto livello che collega queste 180 regioni, e poi la struttura interna delle regioni – ciascuna delle quali processa determinati stimoli in un modo proprio.

Nel 2012 la Waterloo University in Canada ha realizzato SPAUN, un semplice robot costituito da una telecamera e un braccio, il cui cervello però era dotato di 5 milioni di neuroni artificiali organizzati secondo un connettoma in miniatura che includeva il minimo indispensabile per emulare circa una decina di regioni del cervello. Questa rete di reti di neuroni artificiali consente di elaborare l’immagine e reagire con in modo appropriato, come copiare “a mano” con il braccio meccanico le lettere percepite mediante la telecamera, risolvere problemi matematici e di logica come le matrici logiche di Raven, dimostrando quindi intelligenza fluida.

Il prototipo è stato ulteriormente sviluppato intorno al progetto Nengo nel 2018. Questo sistema si può definire una meta-IA, cioè un sistema basato, anzichè su una sola rete neurale che emula una regione del cervello, su una rete di reti di neuroni artificiali collegate tra di loro in cui il funzionamento complessivo risulta da come è organizzato il connettoma di alto livello.

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Tutti questi sforzi nel costruire applicazioni AI di nicchia potrebbero realmente servire nel mondo reale?

Sicuramente molti ingegneri hanno obbiettivi irraggiungibili ma uno in particolare rimane nell’orizzonte degli scienziati informatici:  costruire un sistema di intelligenza artificiale a livello umano che potrebbe cambiare il mondo. Cosa succederà quando l’intelligenza artificiale raggiungerà il livello dell’intelligenza umana? In realtà ci sarebbero prima altre domande a cui rispondere. Domande del tipo: l’IA riuscirà mai a raggiungere il livello dell’intelligenza umana? Se sì, quando succederà?

Ad una conferenza sull’ HLAI tenuta da GoodAI, una startup AI con base a Praga, in agosto, a un certo numero di esperti di IA e leader del pensiero è stata posta una semplice domanda: “Perché dovremmo preoccuparci di cercare di creare intelligenza artificiale a livello umano?” Ben Goertzel, CEO di SingularityNET e Chief Scientist di Hanson Robotics: “L’intelligenza artificiale è una grande sfida intellettuale e ha anche più potenziale per fare il bene di qualsiasi altra invenzione. Tranne l’intelligenza superumana che ha ancora di più”.

Tomas Mikolov, ricercatore scientifico di Facebook AI: “L’IA a livello umano ci darà modi per rendere la vita più efficiente e fondamentalmente guida umanità”. Kenneth Stanley, professore presso la University of Central Florida, Senior Engineering Manager e Staff Scientist presso Uber AI Labs: “Penso che vorremmo capire meglio noi stessi e come migliorare la nostra vita”. Pavel Kordik, professore associato presso la Czech Technical University e cofondatore di Recombee: “Per creare una singolarità, forse.” Ryota Kanai, CEO di ARAYA: “Per capire noi stessi”.

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Cosa ne pensano le aziende italiane?

Per i nostri manager le innovazioni tecnologiche aiutano a semplificare il lavoro, aumentare efficienza e la produttività, supportare le persone. Solo l’11% delle nostre imprese si dichiara contrario a introdurre robot e sistemi di intelligenza artificiale nelle proprie organizzazioni. Il 61%, invece, è pronto e disponibile ad aprirsi alle innovazioni tecnologiche. Essenzialmente per tre ragioni: innanzitutto per semplificare il lavoro, renderlo più sicuro e meno fatico (93% del campione).

In secondo luogo, per aumentare l’efficienza e la produttività (90%). Infine, per raggiungere scoperte e risultati un tempo impensabili (85%). È quanto emerge dal primo rapporto AIDP-LABLAW 2018 a cura di DOXA su Robot, Intelligenza artificiale e lavoro in Italia. Tuttavia, l’89% di aziende e manager è convinto che robot e IA non potranno mai sostituire del tutto le persone. A riprova di questa convinzione c’è anche il fatto che nel 56% delle imprese queste tecnologie sono state impiegate solo come un supporto e un’estensione delle attività umane e non in loro sostituzione.

Le aziende che hanno già sperimentato sistemi di intelligenza artificiale e robot riferiscono che due dei vantaggi principali ottenuti grazie al ricorso alla tecnologia sono stati una maggiore flessibilità dell’orario di lavoro in entrata e in uscita (38%) e la riorganizzazione degli spazi di lavoro/uffici (35%). Fra i benefici riscontrati anche la promozione di servizi di benessere e welfare per i lavoratori (31%); il lavoro a distanza e smart working (26%) e la riduzione dell’orario di lavoro (22%). Le aziende che non si sono ancora aperte a queste innovazioni, invece, tendono a “sovrastimare” una serie di conseguenze negative, smentite nei fatti dalla pratica delle aziende robotizzate.

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