Una sfida senza precedenti, quella che sta andando in scena in seno all’Unione Europea. Che, in un modo o nell’altro, cambierà per sempre le cose. Il fronte schierato contro i “rigoristi”, i Paesi del nord fedeli al dogma del rigore sempre e comunque e contrari a concedere aiuti incondizionati ai Paesi in difficoltà, si allarga ora dopo ora. Agli ormai famigerati nove governi (Italia compresa) che si sono schierati contro la Germania e l’Olanda si sono aggiunti infatti in queste ore anche i tre Stati del Baltico, la Slovacchia e Cipro. In totale, sono ora 14 i dissidenti capeggiati dal nostro premier Giuseppe Conte che nelle score ore aveva rivolto a Bruxelles parole nette, forti.
D’altronde, i Paesi più colpiti dall’emergenza coronavirus indicano negli eurobond l’unico strumento possibile per iniettare una forte liquidità (si parla di circa mille miliardi di euro) e far fronte a una crisi che costringe i cittadini a rimanere a casa e la aziende ad abbassare le serrande per non contribuire alla diffusione del contagio. Christine Lagarde, d’altronde, è stata chiara al momento di mettere nero su bianco i numeri suggeriti dalle stime: se la situazione attuale si prolungasse fino all’autunno, l’Europa andrebbe incontro a una recessione del 10%. Uno scenario più che apocalittico sotto il profilo economico.
Conte ha chiarito il peso delle decisioni che saranno prese nelle prossime ore: “Rischia di saltare l’Europa intera”. E può contare su un Emmanuel Macron sempre più vicino alle sue posizioni. “Non voglio un’Europa egoista e divisa” ha detto il premier francese. Sottolineando poi: “La Francia è al fianco dell’Italia”. Un’asse comune contro il quale rischiano di schiantarsi i rigoristi del nord. Mettendo fine, forse per sempre, all’idea di Unione.A 102 anni Lina ha sconfitto il coronavirus: “Una storia di speranza in mezzo alla tempesta”