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Manovra, aumenta l’Iva: ecco perché e quanto peserà sugli italiani

Esultanze, giubilo e tweet a più non posso: ecco la “manovra del popolo”. E i numeri? E la sostanza? Un guazzabuglio di cui è difficile fidarsi. Lega e M5S hanno addirittura due versioni differenti della manovra, in cui i miliardi da spendere sono concentrati su branche diverse. L’ultima notizia che sta facendo tremare tutti, però, è il rischio serissimo di aumento dell’Iva. I pilastri del contratto di governo, dalla pensione al reddito di cittadinanza, dal superamento della Fornero alla flat tax al 15% per un milione e mezzo di partite Iva, prevedono dei costi enormi e, come si dice dall’inizio, le coperture sono poche.

Inoltre, Salvini sottolinea l’assunzione di 10 mila persone nelle forze di pubblica sicurezza. Dopo l’ennesima giornata sull’ottovolante, con riunioni convocate, sconvocate e poi riconvocate in attesa che i tecnici del Mef facessero il loro lavoro, in trepida attesa delle ormai famose tabelle della Nota di aggiornamento del Def, con lo spread sotto attacco e la Borsa in leggere ripresa, il giallo della legge di Bilancio 2019 registra in serata qualche novità.

La prima: in nottata il testo è annunciato in arrivo alle Camere e, contestualmente a Bruxelles per tacitare la giostra di dichiarazioni che da giorni stanno stressando i nostri conti pubblici. Significa che lunedì 8 potranno iniziare le audizioni, a cominciare proprio dal ministro economico. La seconda: il ministro Tria, dopo che una manovra in deficit al 2,4% per tre anni di fila è risultata indigeribile ai mercati e soprattutto all’Europa, ha potuto raddrizzare numeri e narrazione del bilancio dello Stato che sarà. Al momento, diciamo subito che i conti non tornano: il costo della manovra, circa 40 miliardi, non è ancora compatibile con un deficit a 2,4%.

A dimostrazione che le cose sono ancora poco chiare e la tensione interna alla maggioranza è alta, ci sono due elementi: ministro e premier “si dimenticano” di indicare la previsione del Pil, l’indice di crescita, che è uno dei numeri fondamentali del Def e forse perché, a spanne, dovrà essere una crescita pazzesca, intorno all’1,9% che l’Italia non conosce da circa quindici anni; se per caso la crescita (appunto, non indicata) non dovesse rispettare le previsioni, non viene indicato un Piano B, un piano di riserva per evitare di finire falliti schiacciati dal debito.

Si deve immaginare una bilancia: su un piatto c’è la crescita; sull’altro la spesa, a debito. Se i due piatti non restano in asse almeno un po’, il piatto del debito trascina in basso quello della crescita. E si chiama default. Ma le notizie più interessanti riguardano quelle su “flat tax” e aumento IVA, presenti nella bozza del Piano di
Nazionale di Riforme. Il governo ha intenzione di spostare il carico fiscale dal lavoro ai consumi, in linea con le raccomandazioni dell’OCSE. In particolare il governo prevede di arrivare ad una graduale riduzione delle aliquote IRPEF e ad un aumento di quelle IVA.

Si legge nella bozza: “La graduale introduzione della flat tax sarà coperta da una riduzione delle spese fiscali
e da una rimodulazione delle aliquote IVA”. Rimodulazione è evidentemente una foglia di fico per nascondere la parola “aumento”. Una copertura sarebbe proprio un aumento delle aliquote IVA. Anche qui non ci sono indicazioni precise, ma è interessante notare che la bozza non parla della sterilizzazione delle clausole di salvaguardia. Appare quindi possibile che l’aumento dell’IVA per finanziare la flat tax possa arrivare nel 2019, anche se in maniera ridotta rispetto al previsto.

 

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