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Massimo Giletti torna a Odessa, ma è bufera social

Dopo qualche settimana dal suo primo viaggio in Ucraina, Massimo Giletti decide di tornare a trasmettere l’ultima puntata di Non è l’Arena in diretta dalla città di Odessa. Poche ore prima, lui e i suoi collaboratori sono stati svegliati dai boati dei missili che hanno colpito la zona del porto, non molto distante dal loro albergo. Durante la puntata, Giletti mostra anche le immagini drammatiche girate dove fino a pochi giorni prima russi e ucraini hanno combattuto ferocemente. L’impegno del giornalista, già criticato dal collega Corrado Formigli, non piace però a molti frequentatori dei social network che puntano il dito contro il suo presunto tentativo di spettacolarizzazione della guerra.

Massimo Giletti torna a Odessa

Appena iniziata la puntata di Non è l’Arena, Massimo Giletti, collegato da Odessa, manda subito in onda le immagini girate poche ore prima che documentano il vasto incendio seguito al bombardamento russo di alcuni depositi di petrolio nella zona portuale della città. Molto toccante anche il servizio girato nei pressi di Mykolaiv, dove il giornalista mostra i resti di una recente battaglia. Giletti non si fa mancare nemmeno un allarme aereo in diretta e la polemica con qualche addetto alla sicurezza che insiste affinché il collegamento venga chiuso.

Insomma, una serata che per una parte del pubblico è di cosiddetto ‘giornalismo verità’. Ma non tutti sono d’accordo. Sui social, infatti, sono innumerevoli i commenti critici nei confronti di Giletti, accusato in pratica di voler diventare per forza protagonista in prima persona della guerra in Ucraina.

“Io credo che il collegamento in esterna debba portare un valore aggiunto e oggi quel valore aggiunto è il reportage dai luoghi che non riusciamo a raggiungere e conoscere, risvolti della guerra che non sono stati ancora mostrati. – lo aveva criticato il collega Corrado Formigli qualche giorno fa – Penso che oggi il ruolo di un conduttore sia quello di stare in studio e far lavorare i propri inviati da lì. Trovo meno interessante l’idea di andare lì per dire di esserci. Qualora dovessi andarci, mi piacerebbe fare qualcosa che gli inviati non sono stati in grado di fare, prendermi anche dei rischi che non mi sentirei di far correre ai miei inviati. È il motivo per cui non mi è venuto in mente di partire, ma è la mia linea sulla guerra, fermo restando che ognuno ha la propria sensibilità e lo rispetto profondamente”.

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