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Migranti, Cara Italia e gli avvocati scrivono alla Lamorgese: “Lacune sulla regolarizzazione”

Cara Italia e avvocati immigrazionisti inviano alla ministra Lamorgese un rapporto di otto pagine che evidenzia le lacune all’articolo 103 del Decreto Rilancio. Riduzione costi per la regolarizzazione, ampliamento dei settori lavorativi, permesso di soggiorno, soglia di reddito dei datori di lavoro e condizione dei richiedenti di asilo sono i punti da rivedere. Le domande di emersione di rapporti di lavoro previste dal Decreto Rilancio per braccianti, colf e badanti possono essere presentate entro il 15 agosto 2020. Mancano però dei requisiti fondamentali. A evidenziarli è il Movimento Cara Italia (il coordinatore nazionale è Stephen Ogongo) che con un gruppo di avvocati specializzati in diritti e tutele dell’immigrazione ha redatto un’analisi contenente tutte le criticità.

Lacune e dubbi interpretativi presenti nella Legge di conversione n.77 del 17/07/2020 recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Dall’analisi di Ogongo e i suoi emergono alcune istanze inviate alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese nella speranza che possano essere presa in considerazione. Il rapporto che analizza le criticità e presenta suggerimenti per il miglioramento del provvedimento di regolarizzazione è firmato dal coordinatore nazionale di Cara Italia Stephen Ogongo insieme con gli avvocati Angela De Palo, Nina Luburic, Roberta De Simone, Federica Merlo, Anna Maria Marinelli, Andrea Guadagnini, Annalisa Avagliano, Alì Listì Maman, Gennaro Di Bonito e Roberta Rossetto.

“Si parla molto di legalità in un tempo in cui troppo spesso è oltraggiata; la si invoca continuamente e, nonostante tutto, non si ricolloca la persona umana e la sua dignità al centro del sistema. La sanatoria, così come regolamentata, è una legge ingiusta ma, naturalmente, valida. Una legge che viola fondamentali diritti umani tutelati dalla Costituzione (art.3 principio di uguaglianza) è costituzionalmente illegittima. Non è soltanto la forma o la regolarità del procedimento di formazione che rende legittimo un atto legislativo, in quanto anche il suo contenuto deve essere conforme ai principi costituzionali. Il documento redatto analizza lacune e dubbi interpretativi presenti nell’art. 103 del Decreto Rilancio, rispetto ai quali bisogna sapersi mettere in ascolto e studiare, senza preconcetti per capire. È con questa ottica che è stato elaborato questo documento al fine di porre in rassegna aperture, prospettive e contraddizioni. I punti su cui si richiede una discussione utile soprattutto per l’avvenire sono la riduzione del contributo forfettario e l’ampliamento relativo ai settori di attività. Si ritiene che portare avanti una giusta regolarizzazione dei cittadini stranieri è il dovere di uno Stato di diritto”, dichiara l’Avvocato Angela De Palo.

Nel dettaglio cosa chiedono Ogongo, il Movimento Cara Italia e gli avvocati immigrazionisti? Prima di tutto di ridurre i costi per la procedura di regolarizzazione: un contributo che il datore di lavoro deve versare per ogni lavoratore. La richiesta è di ridurre il contributo forfettario a 300 euro per il primo comparto (agricoltura, allevamento e zootecnica, pesca ed acquacoltura ed attività connesse). 100 euro per il secondo comparto (assistenza alla persona per se stessi o per componenti della propria famiglia, anche se non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l’autosufficienza). 200 euro per il terzo (lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare). Attualmente il decreto prevede un costo di 500 euro.

Si chiede un ampliamento dei settori lavorativi non riducendoli solo alle tre tipologie sopra citate. Questo per permettere a tutti di partecipare alla regolarizzazione altrimenti non si dà giusto peso alla lotta all’emersione. “La decisione del governo di limitare la regolarizzazione solo ai lavoratori di pochissimi settori è una decisione non solo sbagliata ma è soprattutto un atto di ingiustizia. È una scelta illogica e discriminatoria che non risolverà il problema del lavoro irregolare e lo sfruttamento dei lavoratori immigrati”, dichiara Stephen Ogongo, il coordinatore nazionale del Movimento Cara Italia.

Dubbi sul rilascio di un permesso di soggiorno semestrale per la ricerca di lavoro. Non solo i legali ritengono “illogica” la data di scadenza al 31 ottobre 2019 per il permesso di soggiorno che non sia stato ne’ convertito ne’ rinnovato e che dimostri la presenza in Italia alla data dell’8 marzo 2020, ma sollevano dubbi sulla modalità della procedura, la gerarchia delle fonti e le attribuzioni tra i singoli uffici incaricati di seguirne l’istruttoria. Nel decreto non è definita in modo chiaro la soglia di reddito del datore di lavoro. L’incertezza assume ancora più rilievo lì dove si registrano sul territorio interpretazioni divergenti da parte delle Prefetture (quindi per quanto attiene alle procedure di emersione dei cittadini stranieri extra-UE), con la conseguente illogica disparità di trattamento tra persone che versano nella stessa condizione.

I diversi approcci all’interpretazione aprono il campo ad una diversità di trattamento tra cittadini comunitari e cittadini di Paesi extra-Ue: per i primi il requisito reddituale richiesto parrebbe legato al numero dei componenti il nucleo familiare, mentre per i secondi sarebbe dipendere dal numero dei percettori di reddito che concorrono ad integrare il requisito stesso, a prescindere dalla composizione della famiglia anagrafica. “Le incertezze circa la corretta interpretazione del requisito reddituale assumono particolare rilevanza all’interno delle procedure di emersione considerato che il requisito in oggetto è condizione di inammissibilità della domanda: ciò rende ancor più incomprensibile l’assenza di un intervento chiarificatore che dirima la questione,” sottolinea il documento inviato al Viminale.

Ultimo punto è la condizione del richiedente asilo che abbia già in corso un regolare contratto di lavoro. L’articolo 103 del Decreto Rilancio prevede che l’istanza di emersione possa essere presentata esclusivamente “…per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso…”. Al fine di mantenere la continuità lavorativa nell’ambito del rapporto di lavoro già in essere e di non perdere il posto di lavoro, ci si potrebbe chiedere se sia possibile affiancare al contratto di lavoro in corso, un altro contratto di lavoro in forza del quale attivare la procedura di emersione. Tale possibilità, tuttavia, in assenza di diverse indicazioni, non appare praticabile alla luce di quanto disposto dall’art.103, co.6, del Decreto.

Il decreto quindi prevede che il richiedete asilo debba completare la pratica di emersione sciogliendo e poi ripristinando il contratto di lavoro, incorrendo quindi nel rischio di perdere l’impiego. Un secondo profilo di rischio sarebbe dato dall’ipotesi in cui il richiedente asilo stia già lavorando regolarmente in un settore diverso da quelli previsti nel provvedimento. “In tale eventualità – denunciano il Movimento Cara Italia e gli avvocati – si porrebbe il problema dell’incompatibilità del permesso di soggiorno temporaneo, che consente di svolgere attività lavorativa esclusivamente nei settori di attività previsti dal Decreto legge”.

“Il decreto rileva una scarsa attenzione da parte del Legislatore alle posizioni dei richiedenti protezione internazionale nonché dei titolari della stessa. Con riferimento ai primi, l’ambiguità della normativa e l’utilizzo di criteri disomogenei ha agevolato illegittime prassi interpretative ed applicative, prima tra tutte una loro esclusione dal secondo canale di emersione. Quanto ai secondi, la loro mancata esplicita inclusione nel novero dei soggetti legittimati a proporre istanza di emersione nell’ambito del primo canale ha di fatto inibito la presentazione di molte domande in danno sia del lavoratore che del datore di lavoro stesso. La questione si palesa particolarmente grave alla luce del fatto che uno straniero regolarmente soggiornante al quale sia stato riconosciuto lo status di rifugiato o quello di protezione sussidiaria in possesso del relativo titolo di soggiorno versano, ad ogni buon conto, in condizioni giuridiche permanenti”, dichiara l’Avvocato Nina Luburić.

“Il governo deve avere il coraggio di estendere la regolarizzazione a tutti gli immigrati lavoratori irregolari. È importante regolarizzare tutti perché è l’unico modo per salvare queste persone dall’irregolarità e permettere loro di lavorare in modo regolare e garantire un futuro migliore a loro stessi e alle loro famiglie, acquisire i diritti e vivere una vita serena e dignitosa, di pagare le tasse e i contributi come tutti. Chiediamo al governo di regolarizzare e salvare queste persone dalla paura, dall’incertezza e dallo sfruttamento”, conclude Ogongo. Giovedì 30 luglio alle 11:00 Cara Italia ospiterà l’evento Facebook live per la presentazione del rapporto inviato alla ministra dell’interno Luciana Lamorgese che evidenzia le lacune all’articolo 103 (provvedimento di regolarizzazione) del Decreto Rilancio. All’evento parteciperanno gli avvocati immigrazionisti che hanno collaborato nella redazione del rapporto.

Relatori: Avv. Angela De Palo, Avv. Nina Luburic, Avv. Roberta De Simone, Avv. Federica Merlo, Avv. Anna Maria Marinelli, Avv. Andrea Guadagnini, Avv. Annalisa Avagliano, Avv. Alì Listì Maman, Avv. Gennaro Di Bonito, Avv. Roberta Rossetto, Stephen Ogongo – Coordinatore di Cara Italia . L’evento sarà moderato dalla Prof.ssa Alessandra Sannella dell’Università di Cassino e del Lazio Meridionale & Esperta di immigrazione. L’appuntamento è sul Gruppo Facebook di Cara Italia dove sarà trasmesso il video in live streaming dell’evento.

 

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