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Nella maggioranza spunta un “terzo partito”: Conte, Tria e Mattarella contro tutti

Continua a rimanere alta la tensione a Palazzo Chigi, complici le uscite di Salvini e Di Maio sui minibot che hanno accentuato una divisione ormai evidente. Quella che vede contrapposti proprio i due leader gialloverdi a Giuseppe Conte e Giovanni Tria, con quest’ultimo ormai da tempo vittima del tiro al bersaglio dei vicepremier. In vista delle trattative con Bruxelles, il titolare dell’Economia è stato individuato come capro espiatorio sul quale scaricare accuse e malumori delle settimane passate.

E però Tria non si trova a combattere da solo la sua battaglia. Al suo fianco c’è infatti anche il premier Conte, che vuole riallacciare i fili del dialogo con l’Unione e aspetta l’esito delle elezioni amministrative per ritrovare un dibattito politico tra i due alleati più misurato e capace di ridare slancio all’azione del governo. Il presidente del Consiglio ha chiesto non a caso un incontro a tre per dare qualche risposta e mettere da parte un po’ delle recenti incomprensioni.Il sospetto di Salvini e Di Maio è che Conte sia troppo sensibile alla linea di prudenza sull’Europa e non voglia entrare in conflitto con il Quirinale, concedendo troppo all’Unione europea sullo sforamento dal deficit per non incorrere nella procedura di infrazione. L’affaire mini-Bot rende la situazione ancora più delicata, una bomba inesplosa che ora il premier dovrà maneggiare con attenzione. E nella Lega crescono i sospetti.Nel Carroccio si parla già, infatti, del cosiddetto “il terzo partito”, quello che non ha sottoscritto il contratto di governo e che quindi non dovrebbe far parte della maggioranza gialloverde. A formarlo lo stesso Conte, Tria, Sergio Mattarella e addirittura Mario Draghi: tutti contrari allo strumento finanziario indicato dai primi due partiti per pagare i debiti della Pubblica amministrazione con i cittadini italiani. Una sorta di asse non troppo nascosto che, nella narrativa leghista, lavorerebbe per avvicinare l’Italia a Bruxelles in barba alle decisioni di Salvini e Di Maio.

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