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Omicidio Khashoggi: “Azienda italiana dietro la cattura”. Il retroscena da brividi

Una rivelazione bomba: c’è anche una società italiana, la milanese Hacking team, tra le aziende che hanno contribuito a potenziare l’arsenale cybernetico dei sauditi, in particolare del principe ereditario Mohammed bin Salman, che gli americani amano chiamare Mbs. Arsenale usato non solo contro i terroristi. Ma anche contro i dissidenti, tra cui c’era anche il giornalista Jamal Khashoggi, ucciso da agenti di Riad a Istanbul. Lo scrive David Ignatius, autorevole columnist del Washington Post, il quotidiano con cui collaborava Khashoggi. L’azienda italiana su cui punta l’indice il Wp è la milanese Hacking Team di David Vincenzetti, creatrice del ‘trojan’ Rcs Galileo, il software che consente di spiare a distanza dati e informazioni che transitano su computer e smartphone.

L’azienda milanese nel luglio 2016 aveva subito l’intrusione illegittima e la divulgazione di 400 gigabyte di file riservatissimi. E aveva ottenuto, il 3 aprile 2015, il via libera alla commercializzazione del software in 46 Paesi, tra cui l’Egitto, da due anni teatro di un durissimo braccio di ferro con l’Italia che pretende chiarimenti sull’omicidio del giovane ricercatore friulano Giulio Regeni. Il software dell’azienda potrebbe essere stato utilizzato infatti per accedere al suo cellulare.

Ignatius, va detto, non fornisce prove del fatto che la srl di David Vincenzetti abbia effettivamente fornito al governo saudita il software per spiare e arrestare Khashoggi. In tema di intelligence internazionale, si sa, certezze non ce ne sono mai. E dunque il “forse” è d’obbligo. Il columnist Usa ricostruisce tuttavia alcuni passaggi che rendono altamente probabile questa ipotesi, tenuto conto che secondo il Wp il 20 per cento del pacchetto azionario della srl milanese che ha sede a Cipro sarebbe dei sauditi.

Facile per loro, se ne fossero azionisti, aggirare i divieti imposti da parte del ministero degli Esteri di vendere i propri prodotti all’estero senza una precisa autorizzazione. Limiti alle vendite internazionali furono imposti dopo le accuse alla società da parte di Wikilweaks e di organizzazioni di diritti umani di aver lavorato per regimi illiberali.

Il columnist del quotidiano Usa presso cui collaborava lo stesso Khashoggi indica come figura centrale in questa cyber guerra agli oppositori l’avvocato Saud al-Qathani, ex membro dell’aeronautica militare saudita e dirigente ambizioso alla corte reale di Riad, dove è responsabile del Center for Studies and Media Affairs. Lui e i suoi cyber colleghi hanno lavorato inizialmente con l’italiana Hacking Team, che ha come clienti circa 40 governi.

L’intelligence saudita, ricorda il Wp, ottenne nel 2013 da Hacking team strumenti per penetrare iPhone e iPads, e due anni dopo voleva un accesso analogo ai telefonini con sistema Android, secondo documenti rivelati da Wikileaks nel 2015. E sembra anche che, come scrive il CitizenLab (un laboratorio di attivisti), molti Paesi abbiano utilizzato questi potenti strumenti non per sconfiggere la criminalità o il terrorismo, ma per spiare giornalisti ed attivisti politici. Proprio come nel caso di Khashoggi. Una vicenda da brividi.

 

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