Vai al contenuto

Parmigiano Reggiano in forma perfetta per il 2019: un bilancio preventivo da record per ricavi da 38,4 mln

Un bilancio preventivo da record quello del Parmigiano Reggiano, con una produzione nel 2019 che supererà il tetto dei 3,75 milioni di forme, e con ricavi previsti pari a 38,4 milioni di euro. Già solo quest’anno la produzione del formaggio DOP più antico al mondo, toccherà l’apice dei 3,7 milioni di forme prodotte (+2% sul 2017), e per il prossimo anno ad aiutare ulteriormente l’incremento delle vendite è stato previsto un budget di investimenti promozionali per lo sviluppo della domanda in Italia e all’estero ammonteranno a 22,4 milioni di euro. Sono questi i numeri emersi nel corso dell’assemblea generale dei consorziati del Parmigiano Reggiano che si è tenuta lo scorso 29 novembre a Parma, presso l’Auditorium Paganini. A rafforzare i programmi del Consorzio di tutela c’è il fattore della tenuta delle quotazioni, dove i listini sono in costante ascesa da due anni con prezzi arrivati a 12,64 euro all’ingrosso per lo stagionato 24 mesi. Inoltre nei progetti futuri per il Parmigiano Reggiano c’è anche l’intenzione del Consorzio di destinare i volumi aggiuntivi a nuove stagionature ancora più lunghe e pregiate, ovvero il “40 mesi”.

“Non vedo rischi che il costante aumento delle produzioni induca flessioni delle quotazioni – spiega il presidente del Consorzio, Nicola Bertinelli – perché parliamo di incrementi di 2-3 punti che possono impressionare se si pensa al volume totale, ma si spalmano a monte su una filiera di piccolissimi operatori, 2.900 allevamenti che conferiscono il latte a 329 piccoli caseifici della Dop, con impatti ridottissimi”. Secondo Bertinelli, il vero limite alla costante espansione dei volumi in realtà si trova in altre situazioni, come il problema dei foraggi e conseguentemente dagli ettari a foraggere, in quanto almeno il 50% del cibo delle bovine della Dop deve essere coltivato nel comprensorio:“Parliamo di circa 100mila ettari a foraggi nel territorio della DOP, ciò equivale a circa a 4,5 milioni di forme di Parmigiano reggiano di produzione potenziale massima”.

Sotto ogni prospettiva il 2018 è stato un annata ottima per il boss del Parmigiano Reggiano, ed il nuovo anno che è alle porte si prospetta ancor più florido. Infatti i ricavi i del Consorzio saranno pari nel 2019 a 38,4 milioni di euro (contro i 33,4 del preventivo 2018 e i 25,2 del preventivo 2017) e si tradurranno innanzitutto in un aumento senza precedenti degli investimenti promozionali per lo sviluppo della domanda in Italia e all’estero (estero arrivato a sfiorare il 40% dei 2,2 miliardi di euro di giro d’affari al consumo del Parmigiano): dopo i 14,3 milioni del 2017 e i 20,3 milioni del 2018, il prossimo anno il Consorzio spenderà in marketing 22,4 milioni, di cui 8,6 milioni destinati oltreconfine, tra cui nuovi progetti Paese in Australia, Centro America, Area del Golfo e Balcani.

Ed è proprio l’export quindi una delle leve principali per accompagnare l’incremento della produzione, con la vera sorpresa che arriva dagli Stati Uniti (il terzo mercato dopo Francia e Germania) con 9mila tonnellate di Parmigiano reggiano vendute lo scorso anno. “Senza alcuna azione promozionale particolare da parte nostra e a dispetto dello stereotipo del cibo spazzatura amato dagli americani – afferma Bertinelli – sta aumentando inaspettatamente la domanda di healthy food e l’attenzione a storia e qualità nutrizionale di ciò che si mette nel piatto. E questo sta premiando la nostra DOP, con in più l’effetto mainstream (effetto gregge) tipica del mercato statunitense, per cui quando comincia una moda, la seguono tutti”, racconta il presidente.

Insieme al progetto di comunicazione-promozione per valorizzare le distintività del Parmigiano Reggiano, nelle strategie 2019 del Consorzio è in cantiere anche il potenziamento dei programmi di sorveglianza straordinaria delle ditte di grattugia e dei laboratori di porzionatura, nonché le azioni di ricerca scientifica e le attività di vigilanza a tutela del marchio all’estero.

 

Ti potrebbe interessare anche: Nuova strategia per il Made in Italy? Mettere al centro l’agroalimentare