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Fondi pensione, crollano rendimenti nel 2022: perché va meglio chi ha tenuto il Tfr in azienda

Il 2022 si è rivelato l’anno nero per i rendimenti dei fondi pensione, che tra ricadute del conflitto russo-ucraino, dalla crisi energetica e dal perdurare, seppure in forma più contenuta, della pandemia, hanno dovuto fare i conti con le fibrillazioni dei mercati azionari e obbligazionari. Ad un costante aumento degli iscritti, saliti a 9,2 milioni con una crescita del 5,4% sull’anno precedente, ha fatto da contraltare un vero e proprio crollo dei rendimenti dei fondi pensione nelle loro varie forme integrative, che in alcuni casi, nella valutazione complessiva dell’ultimo decennio, si sono mostrate meno competitive del Tfr. Infatti, il trattamento di fine rapporto si è rivalutato dell’8,3%, fenomeno legato a doppio filo con la crescita dell’inflazione. A rilevare il cambio di tendenza, è stata la Covip – Commissione di vigilanza sui Fondi Pensione, che ha riferito di rendimenti netti pari al -9,8% per i fondi negoziali, al -10,7% per i fondi aperti e del -11,5% per i PIP (Piani pensionistici individuali) di ramo III.

Ampliando invece lo sguardo, dal 2013 al 2022 il rendimento annuo composto, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, è stato del 2,2% per i fondi negoziali, del 2,5% per i fondi aperti a fronte di una rivalutazione del Tfr del 2,4%. Inoltre, l’analisi Covip ha rilevato che a fine 2022 le posizioni presso le forme pensionistiche complementari sono 10,3 milioni, in crescita di 564mila unità, ovvero del 5,8% in più rispetto alla fine del 2021. Nei fondi negoziali si registrano 349mila posizioni in più rispetto alla fine dell’anno precedente (+10,1%), per un totale di 3,806 milioni. Un incremento che dipende fortemente dall’apporto della adesioni contrattuali, ovvero quelle basate sui contratti collettivi con iscrizione automatica dei nuovi assunti e il versamento di un contributo minimo a carico del datore di lavoro.
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Restando nel campo dei rendimenti dei fondi pensione, per quanto riguarda le risorse destinate alle prestazioni dei fondi di previdenza integrativa risultano pari a 205 miliardi euro al 31 dicembre 2022, ovvero – 7,7 miliardi (-3,6%) rispetto a dicembre dell’anno precedente. Nei fondi negoziali, l’attivo netto è di 61,1 miliardi di euro (-6,5%), esso ammonta a 28 miliardi nei fondi aperti (-3,2%) e a 45,1 miliardi nei PIP “nuovi” (+2,6%). Nell’anno appena trascorso i contributi incassati da fondi negoziali, aperti e PIP sono stati pari a 13,9 miliardi di euro (+4,2% al 2021). L’aumento si registra in tutte le forme pensionistiche, variando dal 4,5% per i fondi negoziali, al 7,8% per i fondi aperti, al 2% per i PIP.


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