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I Decreti Sicurezza di Salvini? “Hanno favorito il business dell’accoglienza”

I Decreti Sicurezza di Salvini? Avrebbero favorito – per paradosso – il “business” dell’accoglienza. Una vera sorpresa per il leader della Lega. Una doccia fredda. A rivelare tutto è la terza parte del rapporto di ActionAid e Openpolis che analizza gli effetti dei decreti sicurezza sullo stato di salute del sistema d’accoglienza in Italia. Un sistema d’accoglienza nelle mani di pochi, grandi gestori, che predilige i centri a grande capienza rispetto a una accoglienza di qualità, diffusa sul territorio. E fa ridere se si pensa che proprio Matteo Salvini tante volte si è scagliato contro il cosiddetto “business dell’accoglienza” e che aveva pensato questi decreti ad hoc.

A spiegare tutto nel dettaglio ci pensa linkiesta: “Sotto la lente di ingrandimento di ActionAid e Openpolis, tra le altre cose, le conseguenze del capitolato di gara di appalto seguito al primo decreto sicurezza, che ha di fatto eliminato i servizi volti all’integrazione dei richiedenti asilo, prevedendo un taglio considerevole della spesa per i centri di accoglienza: da 35 euro al giorno a migrante accolto si è passati a 19-26 euro al giorno. Un modello che, più che tagliare il “business” e gli sprechi, ha finito per privilegiare i grandi centri e i grandi gestori”.

Non è un caso che, con l’approvazione del decreto, molti gestori più piccoli, spesso attivi nell’accoglienza diffusa, abbiano disertato i bandi di gara, perché hanno ritenuto l’intero sistema non sostenibile e perché le nuove condizioni rendevano impossibile garantire le prestazioni richieste. Non solo: il nuovo modello rischia di favorire gli enti profit. “Anche se i margini di guadagno sono irrisori”, spiega Schiavone, “l’ente profit, in alcune circostanze, può essere comunque interessato. Perché abbassando al massimo i costi e quindi fornendo un servizio pessimo può calcolare un utile anche piccolissimo ma che risulta poi significativo tenuto conto del numero elevato di ospiti”.

Secondo il rapporto, i decreti Salvini hanno sostanzialmente annullato la tendenza virtuosa, registrata tra il 2017 e il 2018, a privilegiare lo Sprar, rispetto alla logica “emergenziale” rappresentata dai centri di accoglienza straordinaria (Cas). Tale sistema, secondo ActionAid e Openpolis, “ha portato con sé le criticità da più parti denunciate, legate all’opacità nella gestione degli appalti, alla scarsità dei controlli, alla mancata erogazione dei servizi dovuti, sino ai casi più estremi di illegalità e complicità di alcuni gestori dei centri con la criminalità organizzata”.

Una situazione che tende a favorire concentrazioni monopolistiche o oligopolistiche: il 63% di tutti i posti in accoglienza nella Capitale è gestito da Medihospes, già Senis Hospes, tra i maggiori operatori del settore a livello nazionale. Il gruppo, il cui fatturato – secondo il rapporto – si è quasi triplicato negli ultimi anni, ha ulteriormente consolidato la sua posizione proprio nel 2019. E “affidare 2/3 dell’accoglienza a un solo gestore significa che l’amministrazione (l’ente appaltante) rischia di essere ‘catturata’ dal proprio fornitore e di subirne la capacità di condizionamento”.

 

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