Vai al contenuto

Salvini e le “aggressioni anarchiche” ai gazebo della Lega smentite dalla Lamorgese

Un gazebo dalla Lega accerchiato da anarchici che, contrari al partito di Matteo Salvini, avevano tentato di intimidire chiunque avesse provato ad avvicinarsi e allo stesso tempo fatto propaganda contro il Carroccio, distribuendo volantini minatori ai passati. Questo il quadro descritto dall’ex ministro dell’Interno, che aveva denunciato l’episodio avvenuto a Bologna. Una ricostruzione smentita però in queste ore.

La candidata alla presidenza della Regione Emilia Romagna Lucia Borgonzoni sosteneva che gli autori del gesto fossero “gli stessi democratici” che il 14 novembre avevano manifestato contro di lei fuori dal PalaDozza. Entrando poi nel dettaglio: “Alcuni anarchici hanno circondato il banchetto della Lega in via Marconi a Bologna, intimidendo la gente che cercava di avvicinarsi”. Il tutto con tanto di annessi video dove, in realtà, si vedono soltanto volantini firmati da “anarchici e anarchiche”. Un episodio del quale aveva dato conto anche Matteo Salvini e che però non ha trovato riscontro nelle parole della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, che interrogata in merito dai parlamentari della Lega durante il question time aveva parlato di “un’estemporanea iniziativa di volantinaggio” andata in scena sotto gli occhi delle forze dell’ordine, e che non aveva comunque “impedito ai cittadini che avessero voluto fermarsi presso il banchetto di avvicinarsi”.“La ministra sottovaluta le minacce e le aggressioni degli estremisti e degli anarchici alla Lega in Emilia Romagna – è stata la replica di Matteo Salvini – Cinque anni fa la mia auto era stata assaltata e in queste settimane abbiamo assistito ad altri episodi preoccupanti. Ma non ci faremo intimidire”. La Lamorgese ha però ancora una volta smentito tutto: “È stato assicurato un servizio di controllo e osservazione per garantire lo svolgimento della raccolta delle firme e prevenire eventuali turbative per l’ordine pubblico. L’iniziativa è terminata alle 13, senza impedimenti alla propaganda politica, così come avviene in centinaia di iniziative analoghe”.

L’esempio di Fioramonti: un ministro che si dimette in un’Italia incollata alla poltrona