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Soumahoro difende la moglie: “Diritto alla moda, diritto all’eleganza”

Aboubakar Soumahoro protagonista della polemica politica del momento. Il deputato di Sinistra Italiana e Verdi, appena autosospesosi dal suo gruppo parlamentare, si lascia intervistare da Corrado Formigli nello studio di Piazzapulita per cercare di chiarire la sua posizione nell’indagine sulle coop per migranti che vede indagata la suocera e coinvolta la moglie. Soumahoro si difende con le unghie e con i denti respingendo ogni addebito. Ma le sue parole sul “diritto alla moda” della moglie che va in giro vestita griffata fa esplodere i social.

“Io mi scuso perché sono stato poco attento, mentre giravo per il Paese, a quello che c’era a casa mia. Io non sono in quella coop, ma approfondirò tutto come deputato della Repubblica”, esordisce così Soumahoro a Piazzapulita. Formigli gli chiede conto delle foto della moglie con oggetti firmati e di lusso. “Quelle immagini? Non mi hanno creato alcun imbarazzo perché ritengo che il diritto all’eleganza, il diritto alla moda sia una libertà. – replica senza scomporsi il parlamentare – La moda non è né bianca né nera. La moda è semplicemente umana. È una questione di scelta. Poi quelle immagini vanno anche datate perché mia moglie ha la sua vita. Non lavora più nelle coop”.

Soumahoro a Piazzapulita

“Sono nelle condizioni di poter produrre tutte le prove. – si difende poi dalle accuse di non aver rendicontato i soldi raccolti e poi spesi – I soldi sono stati spesi per l’acquisto di generi alimentari, gel disinfettante, trasporti, e i rimanenti 56.800 sono andati nell’esercizio 2021. Il bilancio è disponibile sul sito della Lega Braccianti. Chi mi accusa oggi è tornato a far della Usb, organizzazione con cui ho un contenzioso, dopo essere passato con me nella Lega Braccianti. Sono tornati indietro perché mi avevano chiesto di destinare loro in forma di stipendio i soldi delle donazioni. Ho rifiutato”

“La coop? Non lo sapevo delle indagini. – spiega ancora Soumahoro – ho commesso una leggerezza. Non sapevo. Ma se fossi stato a conoscenza di una eventuale indagine non mi sarei nemmeno candidato. È vero, la mia famiglia gestisce centri di accoglienza, ma quella gestione ha una ventina di anni e la mia attuale compagna l’ho conosciuta nel 2018 quando la coop già esisteva. A fronte dei ritardi nei pagamenti ai lavoratori doveva scattare da parte mia un ulteriore approfondimento. Essermi limitato a questa situazione non me lo perdono”.

“Avere la gestione di una coop non è un reato. – si difende ancora il deputato – diventa un problema quando i diritti e le condizioni di lavoro e il rispetto non vengono garantiti. Per me non c’era imbarazzo. E in ogni caso avrei detto che sapevo che c’erano stipendi arretrati e sono pronto a confermarlo in qualunque sede. E laddove ci sono illeciti sono io ad affidarmi alla magistratura senza alzare lo scudo familiare. Non sono un iscritto di Sinistra Italiana, quello che è avvenuto all’interno dei partiti prima del voto io non lo so. Ma non sono certo andato io ad autocandidarmi perché la mia storia non è uno show di Hollywood ma quella che ha dato vita al primo tavolo contro il caporalato. Chi è stato il primo a chiedermi di candidarmi? C’erano Si e Europa Verde, ma il mio curriculum è quella storia che ha dato ai braccianti, non solo nel Foggiano, la possibilità di un percorso di autodeterminazione”, conclude Soumahoro.

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