Vai al contenuto

Soumahoro, la Caritas lo smentisce: “Regali di Natale ai bambini del ghetto? Lì non ci sono”

Aboubakar Soumahoro nella bufera per il caso delle cooperative che danno lavoro ai migranti gestite dalla moglie e dalla suocera. Il quotidiano Repubblica intervista don Andrea Pupilla, direttore della Caritas di San Severo, in provincia di Foggia, dove anche il neo deputato di Verdi e Sinistra ha vissuto per anni. E il sacerdote non si fa scrupoli a smentire il racconto fatto da Soumahoro sui regali portati ai bambini del ghetto di Borgo Mezzanone a Natale del 2021. “Lì non ci sono bambini”, sostiene don Pupilla.

Aboubakar Soumahoro

“Le lavoratrici e i lavoratori braccianti dell’insediamento di Borgo Mezzanone nelle campagne del foggiano vi ringraziano sentitamente perché grazie alle vostre generose donazioni siamo riusciti nonostante l’incendio a consegnare 200 regali ai bambini nati o cresciuti in questo insediamento. Grazie per aver regalato felicità a queste piccole e innocenti creature”. Questo il post pubblicato da Soumahoro il 29 dicembre 2021 sulla pagina della Lega Braccianti.

Versione dei fatti smentita seccamente da don Pupilla. “Non è un problema di fondi, su quello non entro nel merito. – dichiara a Repubblica il prete che lavora in quei luoghi da 15 anni – Le polemiche ci sono state semplicemente perché nel ghetto di Torretta, e dico anche fortunatamente, non ci sono bambini, solo uomini e poche donne, mentre a Borgo Mezzanone, l’insediamento oggetto del video, i bambini sono molto pochi. C’erano dunque ben pochi giocattoli da distribuire non essendoci bambini a cui poterli donare”.

“Ci sono stati problemi e li abbiamo avuti anche noi con alcune persone che facevano riferimento prima a Usb e poi a Lega Braccianti. Ci hanno impedito di fare corsi di italiano, scuola. Noi ci rechiamo a Torretta Antonacci ogni settimana per ascoltare e aiutare persone”, si sfoga il sacerdote – In alcuni periodi sale la tensione, perché ci sono sempre personaggi che vengono da fuori a fomentare gli animi. Parliamo, ci chiariamo e poi si scatena di nuovo la tensione. Il problema non sono quelle persone, che vivono lì nel degrado, ma personaggi che vengono da fuori, che vengono appunto a fomentare gli animi e magari ci costruiscono una carriera politica sopra”.

“Dico che davanti a fenomeni complessi non c’è bisogno di navigatori solitari, ma di risposte corali. – aggiunge riferito forse a Soumahoro ma senza nominarlo – Le istituzioni hanno messo in campo vari tentativi, anche con le foresterie. Va coinvolto chi vive nel ghetto. Non serve un sindacalista che viene da fuori, urla, fa i selfie e magari costruisce una carriera politica, soprattutto quando c’è anche un po’ di incoerenza. Personalmente l’ho incontrato una sola volta, anni fa, quando era ancora in Usb. Venne a pranzo con me e con il vescovo. Poi non c’è mai stata la possibilità di interfacciarci. Tempo fa qui accusava tutte le organizzazioni di fare business con la solidarietà e poi ora apprendiamo che moglie e suocera sono impegnate in quel settore. Mi auguro infatti che le accuse non siano vere, ma ci vorrebbe comunque un minimo di coerenza. Non puoi dire a tutti che il business della solidarietà non va bene e poi ce l’hai a casa tua”, conclude.

Potrebbe interessarti anche: “Trattati come schiavi”, parlano due dipendenti della coop della moglie di Soumahoro