imprese Archivi - Business.it https://www.business.it/tag/imprese/ I segreti del potere - Notizie e retroscena Tue, 17 Jan 2023 12:12:43 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.5.3 https://www.business.it/wp-content/uploads/2023/01/cropped-Favicon_Business.it_-32x32.jpg imprese Archivi - Business.it https://www.business.it/tag/imprese/ 32 32 Inflazione a livelli record per almeno un anno: l’indagine tra le imprese italiane https://www.business.it/inflazione-a-livelli-record-per-almeno-un-anno-lindagine-di-bankitalia-tra-le-imprese-italiane/ Mon, 16 Jan 2023 20:49:00 +0000 https://www.business.it/?p=107184 Inflazione a livelli record almeno per un altro anno con un calo solo successivamente. E’ la previsione delle imprese italiane emersa dall’indagine condotta dalla Banca d’Italia, che ha condotto uno studio tra le imprese dell’industria e dei servizi con almeno 50 addetti tra novembre e dicembre 2022. Le attese sull’inflazione al consumo, si legge nell’indagine,… Leggi tutto »Inflazione a livelli record per almeno un anno: l’indagine tra le imprese italiane

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Inflazione a livelli record almeno per un altro anno con un calo solo successivamente. E’ la previsione delle imprese italiane emersa dall’indagine condotta dalla Banca d’Italia, che ha condotto uno studio tra le imprese dell’industria e dei servizi con almeno 50 addetti tra novembre e dicembre 2022. Le attese sull’inflazione al consumo, si legge nell’indagine, hanno ” raggiunto in tutti i comparti i livelli massimi dall’inizio della rilevazione nel 1999. Il tasso atteso di inflazione al consumo si attesta, in media, a 8,9% tra sei mesi (da 7,5 nella precedente rilevazione), a 8,1% tra 12 mesi. La dinamica dei prezzi praticati dalle imprese rimarrebbe sostenuta nei prossimi 12 mesi”.

Secondo l’indagine, migliorano i giudizi delle imprese “sulla situazione economica generale e sulle proprie condizioni operative nel quarto trimestre del 2022” e sulla domanda, ma continuano “le difficoltà connesse con l’incertezza economica e politica e con gli elevati prezzi dell’energia”. Dunque il caro energia continua a scaricarsi sui prezzi di vendita delle aziende italiane. Quasi due aziende su tre, secondo l’indagine condotta dalla Banca d’Italia presso le imprese con almeno 50 addetti, ritoccheranno i listini nei prossimi tre mesi. L’aumento, si legge, sarà di intensità marcata secondo, rispettivamente, il 10,2, il 10,8 e l’8,6 per cento delle imprese edili, dell’industria e dei servizi.


L’indagine spiega che per il 41,6% delle imprese nel quarto trimestre del 2022 i rincari energetici hanno arrecato difficoltà analoghe o superiori rispetto ai tre mesi precedenti (da 54,9 nella precedente rilevazione). I problemi rimangono più rilevanti per le aziende edili (60,0) e dell’industria in senso stretto (44,9) rispetto a quelle dei servizi (36,4). Nonostante i giudizi sfavorevoli sulle condizioni per investire, il saldo fra previsioni di aumento e diminuzione della spesa per beni capitali è rimasto positivo in tutti i settori segnalando una prosecuzione dell’accumulazione (13,8 punti percentuali, come nella scorsa rilevazione riferita al 2022).


Nel primo semestre del 2023 la spesa per investimenti aumenterebbe rispetto al semestre precedente per circa il 37 per cento delle imprese, una percentuale più che doppia di chi ne prevede una riduzione (16,8 per cento). La quota di imprese dell’industria in senso stretto e dei servizi che prevedono di espandere il numero di addetti nel primo trimestre del 2023 è risultata superiore di 11,0 punti percentuali a quella di chi ne prefigura una riduzione, in miglioramento rispetto alla rilevazione precedente; nel comparto delle costruzioni la quota è rimasta sostanzialmente invariata (a 11,8 punti percentuali).

Secondo quanto ha riportato l’Ansa, per il Codacons il caro-prezzi già costato 61,3 miliardi. Le previsioni di Bankitalia su inflazione e prezzi confermano gli allarmi lanciati nelle settimane scorse dal Codacons, e la conseguente stangata che nel 2023 si abbatterà sugli italiani a causa delle tensioni sui listini prodotte dal caro-energia. “Il quadro tracciato da Bankitalia è allarmante, con due imprese su tre intenzionate a ritoccare al rialzo i prezzi nel prossimo trimestre – spiega il presidente Carlo Rienzi – Questo significa nuova inflazione che andrà ad aggiungersi a quella registrata nel 2022 già costata, in base alle elaborazioni Codacons, 61,3 miliardi di euro alle famiglie italiane, circa 2.369 euro a nucleo residente solo nel 2022”.


“Tutti gli indicatori ci dicono che il nuovo anno sarà disastroso sul fronte di prezzi e tariffe, e per questo il Governo deve studiare un pacchetto di misure teso ad abbattere i listini al dettaglio e salvaguardare il potere d’acquisto dei cittadini, perché a fronte di una ulteriore fiammata dell’inflazione i consumi delle famiglie crolleranno con effetti a cascata per l’economia nazionale”, conclude Rienzi.

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Innovazione, Skipper libera i dati di mercato per l’e-commerce https://www.business.it/innovazione-skipper-libera-i-dati-di-mercato-per-le-commerce/ Thu, 15 Sep 2022 16:15:15 +0000 https://www.business.it/?p=97234 Nasce Skipper, la piattaforma digitale che rivoluziona la lettura dei dati di mercato. Lanciata dall’omonima startup, Skipper è la prima mappa dell’e-commerce immersiva e navigabile, che mostra il mercato nella sua forma autentica, poiché libera dai filtri della pubblicità e degli algoritmi presenti sui canali e strumenti di ricerca e comparazione. La mappa presenta funzioni… Leggi tutto »Innovazione, Skipper libera i dati di mercato per l’e-commerce

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Nasce Skipper, la piattaforma digitale che rivoluziona la lettura dei dati di mercato. Lanciata dall’omonima startup, Skipper è la prima mappa dell’e-commerce immersiva e navigabile, che mostra il mercato nella sua forma autentica, poiché libera dai filtri della pubblicità e degli algoritmi presenti sui canali e strumenti di ricerca e comparazione.

1. Come funziona Skipper
Skipper è la prima mappa dell’e-commerce completamente scalabile, immersiva e navigabile.
I business potranno individuare un mercato di riferimento (esempio: italia – elettronica), inserire i dati dei propri prodotti ed esplorare le opportunità del mercato, valorizzando ciò che offrono. Allo stesso tempo, avranno modo di imparare dall’osservazione dell’intera mappa cosa manca al loro business, provvedere, ottimizzare ed ampliare la loro offerta.


La mappa presenta funzioni che si adattano ai bisogni sia dei business che dei consumatori. Si configura come uno strumento di informazione superpartes e di conoscenza: in un semplice sistema di ascisse (prezzi) e ordinate (brand produttore), sintetizza la distribuzione di migliaia di prodotti di qualsiasi marchio divisi per categoria, e delle relative offerte e promozioni sui siti di vendita online. È però ai brand, agli e-commerce e alle agenzie web che Skipper si rivolge in questa prima fase, evidenziando quali vantaggi offre loro l’uso della mappa.

2. Skipper Market Watch
Un esempio facilitato del funzionamento della mappa di Skipper. Vediamo in grigio i dati provenienti dall’intero mercato di riferimento e in fucsia i punti di rilievo per il business: grazie all’analisi che Skipper offre è possibile individuare l’incremento di offerte e sconti in un dato intervallo di tempo; individuare le aree di maggiore o minore presenza di competitor su determinati prodotti; valutare la diminuzione del valore dello sconto medio.


Per un business è vitale conoscere il proprio mercato di riferimento, non solo in termini di competitività basata sui prezzi. Ci sono molte altre variabili che influenzano le vendite e il rapporto tra domanda e offerta, elementi che sulla mappa assumono una forma visibile.
Con Skipper, i business possono effettivamente vedere la forma complessiva e globale del proprio mercato di riferimento, navigare tra gli spazi presidiati e i vuoti al suo interno.

Non solo, ma possono anche:

  • osservare le differenze significative tra loro e i propri competitor;
  • allineare i propri prezzi e offerte;
  • individuare la propria posizione all’interno della mappa;
  • capire come presidiare strategicamente i vuoti al suo interno.


3. Occhio del mercato Skipper
Un pie-chart qui molto semplificato offre dati preziosissimi sulla profondità di ogni segmento di mercato preso in considerazione da Skipper.
Osservandolo dal centro all’esterno, le aziende avranno la possibilità di analizzare tutte le fette o nicchie di mercato più redditizie o meno competitive.


Skipper si presta a essere un prezioso strumento per i business, che possono così compiere le giuste operazioni strategiche di marketing e implementare la propria offerta e il proprio catalogo in modo intelligente e consapevole.

4. Funzionalità completa di Skipper
Il grafico presenta una sintesi del funzionamento di Skipper per produrre analisi e strategie di implementazione del catalogo. Skipper dunque produce dati per la marketing automation, per il monitoraggio distributivo migliorare le revenues, brand protection tutto ciò che riguarda il pricing, e molto altro. Ciò avviene inserendo i dati in un crm, in erp e ovunque si possano produrre risultati di monitoraggio e strategia.
La matrice grigia del dato rappresenta l’organizzazione tramite categorie, fasce di prodotti o brand.
Gli altri due grafici di dati superiori sono ciò che fanno la differenza e che solo Skipper può offrire: inserire sul mercato il catalogo del business evidenziandone pregi e difetti. In questo modo si evidenziano gli spazi liberi, quelli troppo affollati o altre ipotesi.
Il livello superiore presenta i dati emergenti dalla lettura di analisi distributiva e competitiva. In base a questi dati le aziende di e-commerce possono impiegare uno strumento fondamentale per migliorare le loro performance.


“Conoscere la relazione tra i dati all’interno del proprio mercato è il cuore di qualsiasi progetto che voglia funzionare online” – dichiara Davide Lugli, cofondatore e CEO di Skipper, che spiega: “avere un’idea reale e complessiva di come sono collegate le informazioni online senza le distorsioni degli algoritmi e della pubblicità permette di costruire i tratti della propria unicità e di distinguersi efficacemente. E questo è possibile solo conoscendo la forma dell’e-commerce”.

Davide Lugli – CEO di Skipper


È proprio la consapevolezza il valore al centro del progetto di Skipper: una consapevolezza di come funziona il web in quanto spazio ricco di interconnessioni libere, e di tutte le variabili che concorrono al successo di un business.


Diffondere questa consapevolezza è la mission della startup, che, per riuscirci, sa che è necessario partire da una nuova concezione dei dati, visti non più come valori astratti, ma come materia.


Sta in questo la visione innovativa di Skipper, un approccio che la startup promuove anche nel suo manifesto (sottoscrivibile nella sezione dedicata sul sito) e che coltiva grazie a Free! il suo laboratorio di ricerca aperto e interdisciplinare con cui progettare e diffondere la conoscenza di nuovi datashape e rivoluzionare l’espressione dei dati.


La startup Skipper nasce alla fine del 2020 dall’unione di una rete di partner con la stessa visione e una lunga esperienza internazionale e plurisettoriale, tra cui e-commerce, marketing digitale, finanza, logistica e design.

Davide Lugli – Classe ’76 e formazione in ingegneria informatica a Parma tra il ’95 e il 2001. Nato come programmatore Web, dal 2001 al 2012 ha realizzato e tecnicamente montato più di 300 eCommerce. Ha lavorato e visto nascere grandi realtà, come consulente per Yoox in Ferrari e Whirlpool. Nel 2010 ha avviato la sua prima srl con lo scopo di vendere un software di geolocalizzazione commerciale basato su mappe a Gazzetta di Parma. Nel 2014 fonda Competitoor in UK per poi farla approdare in Italia al primo round da 660.000€ raccolti con Primomiglio Ventures. Competitoor è tuttora una società che fa confronto prezzi on-demand, veniva utilizzata soprattutto dai brand moda in un periodo storico dove non c’erano servizi simili in Italia, oggi sono più di 50 le soluzioni che offrono raccolta dati competitivi b2b. Ha venduto le sue quote di Competitoor nel 2020 per dedicarsi a Skipper.
Oltre a Skipper è Ceo di Digital Millers, una holding per investimenti nel settore Web e innovazione; è consigliere in 4ECOM l’associazione italiana dei servizi per eCommerce che conta oggi un centinaio di aziende associate. È sposato, vive a Carpi (Modena), ha un bassotto ed è appassionato di psicologia analitica e retrogaming.

Piero Nanni – Dalla progettazione di microcontrollori all’analisi e scrittura di codici software fino all’ingegneria ed economia dell’informazione. Due strade, parallele. Quella nata dell’ambiente imprenditoriale familiare che lo ha portato a studi ed esperienze in ambito gestionale ed economico e quella professionale in ambito IT Marketing e Service presso diverse realtà nazionali, tra le quali Gaspari, Biolaser ed eShopping Advisor.

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La pandemia e gli effetti sulle imprese italiane. Il peso della crisi sui settori https://www.business.it/la-pandemia-e-gli-effetti-sulle-imprese-italiane-il-peso-della-crisi-sui-settori/ Mon, 08 Mar 2021 19:38:02 +0000 https://www.business.it/?p=75173 di Nicola Iuvinale Una catena globale del valore è una forma di organizzazione del processo produttivo nella quale imprese localizzate in paesi diversi si specializzano in alcune fasi del processo, come la ricerca, lo sviluppo del prodotto, la produzione di parti e componenti, l’assemblaggio del prodotto finale o la sua commercializzazione, sulla base dei loro… Leggi tutto »La pandemia e gli effetti sulle imprese italiane. Il peso della crisi sui settori

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di Nicola Iuvinale

Una catena globale del valore è una forma di organizzazione del processo produttivo nella quale imprese localizzate in paesi diversi si specializzano in alcune fasi del processo, come la ricerca, lo sviluppo del prodotto, la produzione di parti e componenti, l’assemblaggio del prodotto finale o la sua commercializzazione, sulla base dei loro vantaggi che possono essere il basso costo della manodopera, il capitale umano, le competenze in design o la disponibilità di risorse naturali.

Da circa un decennio la diffusione delle catene globali del valore ha rallentato, essendosi ridotti gli spazi sia per un ulteriore calo delle barriere tariffarie sia per un ulteriore incremento della frammentazione della produzione.

Lo shock pandemico, però, ha rinnovato il dibattito sulla possibilità che il rimpatrio di attività produttive prima localizzate all’estero (reshoring) stia contribuendo ad un più ampio processo di de-globalizzazione.

Sul tema, la Banca d’Italia tra settembre e ottobre del 2020 ha condotto un sondaggio congiunturale sulle imprese industriali e dei servizi (note di Michele Mancini).

Le interviste alle imprese suggeriscono all’Istituto che, in linea con quanto registrato in altri paesi avanzati, anche in Italia le imprese non hanno radicalmente modificato le proprie strategie di integrazione nei mercati internazionali.

Più specificatamente, oltre il 60% delle imprese con impianti all’estero non aveva ridotto la propria presenza internazionale negli ultimi tre anni, né intendeva ridurla in prospettiva; parimenti, il 78% delle imprese con fornitori esteri non intendeva diminuirne il numero.

Per quanto riguarda la chiusura degli impianti all’estero, rileva BdI che benché una quota non trascurabile di imprese internazionalizzate (5,7%) abbia dichiarato di voler prendere in considerazione questa strategia nel prossimo futuro, negli ultimi tre anni solo un esiguo numero ha effettivamente scelto di riportare produzioni estere all’interno dei confini nazionali (1,9%), cd. “fenomeni di reshoring”.

Inoltre, nei primi tre trimestri del 2020 oltre il 60% delle imprese italiane ha registrato un calo di fatturato superiore al 4%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Rispetto a quanto osservato nel 2009, all’indomani della Grande Recessione, la quota di imprese che ha registrato una contrazione del fatturato nel settore dei servizi risulta molto più elevata (quasi tripla), mentre per la manifattura tale quota è superiore di 8 punti percentuali.

Come osservato a livello internazionale dall’Istituto, la composizione settoriale dello shock è stata molto diversa rispetto alla Grande Recessione. In particolare, i settori dei servizi, strutturalmente meno integrati nelle catene del valore, sono stati relativamente più colpiti rispetto ai settori manifatturieri, la cui attività è solitamente più influenza da shock di domanda tradizionali.

Il calo di fatturato registrato in numerosi settori è stato particolarmente rilevante: in particolare, il settore degli alberghi e ristoranti è risultato il più colpito, avendo risentito più direttamente sia delle restrizioni derivanti dai lockdown sia del calo della domanda.

Anche il settore tessile ha subito perdite ingenti, probabilmente a causa del calo della domanda interna ed estera. Di contro, il settore alimentare ha segnato una riduzione meno intensa del fatturato. Le imprese internazionalizzate avrebbero affrontato meglio la crisi rispetto a quelle che operano solo sul mercato interno: nella manifattura le perdite di fatturato tendono infatti a ridursi al crescere del grado di internazionalizzazione dell’impresa.

Poco meno di un quarto delle imprese manifatturiere che operano nel solo mercato domestico hanno mostrato un calo di fatturato superiore al 30%, mentre tale quota scende al 13,7% per le imprese che esportano e, allo stesso tempo, importano beni intermedi e hanno impianti all’estero.

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50 miliardi al mese: ecco il costo (mostruoso) del lockdown per l’Italia https://www.business.it/50-miliardi-al-mese-ecco-il-costo-mostruoso-del-lockdown-per-litalia/ Sat, 11 Apr 2020 10:03:36 +0000 https://www.business.it/?p=62682 Un’emergenza che non potrà essere lasciata alle spalle prima di 6 mesi almeno, quelli necessari affinché le attività produttive possano riprendere. E che avrà un costo altissimo per il nostro Paese, che rischia di bruciare circa 300 miliardi a causa del coronavirus e delle conseguenti restrizioni imposte ad aziende e lavoratori. A lanciare l’allarme è Francesco… Leggi tutto »50 miliardi al mese: ecco il costo (mostruoso) del lockdown per l’Italia

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Un’emergenza che non potrà essere lasciata alle spalle prima di 6 mesi almeno, quelli necessari affinché le attività produttive possano riprendere. E che avrà un costo altissimo per il nostro Paese, che rischia di bruciare circa 300 miliardi a causa del coronavirus e delle conseguenti restrizioni imposte ad aziende e lavoratori. A lanciare l’allarme è Francesco Manfredi, ordinario di economia aziendale LUM Jean Monnet di Bari e prorettore della Formazione manageriale postgraduate della stessa università, per la quale è anche direttore della School of Management.Attraverso le pagine di Italia Oggi, Manfredi ha stimato che l’emergenza possa costare all’Italia a una perdita a fine 2020 del 15% del Pil, con conseguenze particolarmente devastanti soprattutto al Sud: “La probabilità di uscita dal mercato delle imprese meridionali è diventata 4 volte superiore a quella del Centro-Nord”. Il tutto nonostante un intervento del governo che ha messo sul piatto sì risorse per aiutare le aziende, ma in maniera “ancora insufficiente”. “Per ogni mese di blocco il sistema economico perde circa 50 miliardi. Prima di 6 mesi, e sono molto molto ottimista, è impossibile che si torni a una parvenza di normalità e di ripresa dei normali cicli aziendali. E in sei mesi corriamo il rischio di bruciare 300 miliardi. Lo Stato deve agire come in un periodo postbellico. Se vuole salvare almeno la parte sana o comunque salvabile del sistema economico, deve iniettare subito 300 miliardi veri, non ipotetici. Di questi, 150 devono essere a fondo perduto e 150 di prestiti garantiti a tasso zero con rientro in almeno 15 anni. Altrimenti si aggiunge solo debito a debito e le imprese, se non nel breve ma nel medio, moriranno comunque”.“Oggi la probabilità di uscita dal mercato delle imprese meridionali è diventata 4 volte superiore a quella del Centro-Nord, anche a causa della minore elasticità del valore aggiunto alla domanda nelle fasi ascendenti del ciclo economico. Per capire la situazione, invito tutti a leggere l’ultimo rapporto Svimez. Sembra la serena ma puntuale descrizione di Hiroshima alle 10 del 6 agosto 1945, due ore dopo il bombardamento nucleare: non si vedeva ancora distintamente l’effetto, ma lo si poteva già chiaramente intuire”.

Tutta la verità sul Mes: ecco chi l’ha voluto e quando è stato introdotto

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Chi è Paola De Micheli, la ministra che piace al mondo delle imprese https://www.business.it/chi-e-paola-de-micheli-la-ministra-che-piace-al-mondo-delle-imprese/ Thu, 05 Sep 2019 11:57:27 +0000 https://www.business.it/?p=51650 Una nomina che ha fatto subito scattare reazioni precise sui mercati, con il titolo di Atlantia, holding dei Benetton che controlla Autostrade, che ha chiuso a +6% e le congratulazioni dei vertici del Comité Transalpine Lyon-Turin che hanno sottolineato l’impegno per la Tav del nuovo ministro. Lei, Paola Di Micheli, chiamata a succedere a Danilo Toninelli, è… Leggi tutto »Chi è Paola De Micheli, la ministra che piace al mondo delle imprese

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Una nomina che ha fatto subito scattare reazioni precise sui mercati, con il titolo di Atlantia, holding dei Benetton che controlla Autostrade, che ha chiuso a +6% e le congratulazioni dei vertici del Comité Transalpine Lyon-Turin che hanno sottolineato l’impegno per la Tav del nuovo ministro. Lei, Paola Di Micheli, chiamata a succedere a Danilo Toninelli, è la prima donna arrivata al dicastero dei Trasporti e delle Infrastrutture, a Porta Pia, ed è stata subito festeggiata dal mondo delle imprese.Piacentina, classe 1973, laurea in Scienze politiche, la De Micheli è entrata in politica negli anni 90 tra gli ex Dc del Partito popolare, poi confluito nella Margherita. Dal 2007 al 2010 è stata assessore al bilancio a Piacenza, due anni dopo è finita nella segreteria del piacentino Pier Luigi Bersani in quota Enrico Letta, di cui era una fedelissima.In quegli anni era una delle più vivaci animatrici di Vedrò, il think tank dell’ex premier che univa politica e un pezzo del capitalismo italiano come  Enel ed Eni, Telecom e Sisal, Autostrade e Lottomatica. Nel 2013, in diretta tv attribuì all’allora sindaco di Firenze Matteo Renzi la responsabilità di aver “impallinato” Prodi nella corsa per il Quirinale. Poi la retromarcia, entrando nel 2014 nel governo del “rottamatore” come sottosegretaria al Tesoro con delega ai giochi.È lei la donna scelta per imprimere una svolta sulle grandi opere, dopo l’esperienza tutt’altro che positiva di Toninelli, “l’uomo delle gaffe”. Tante le sfide che la attenderanno, in un delicato equilibrio che la vedrà sposare la posizione del Pd in accordo però con quei Cinque Stelle che ancora si interrogano su alcuni punti chiave. La revoca della concessione ai Benetton e la Tav saranno due banchi di prova fondamentali.

Il mercato, intanto sta già premiando una posizione più conciliante. La quale potrebbe favorire anche la (possibile) soluzione del nodo Alitalia. Alla De Micheli il compito, non semplice, di non farsi appiccicare fin da subito l’etichetta, già avanzata da più parti, di “ministro delle imprese”.

Filippo Rossi, Buona Destra: “La democrazia deve prescindere da sondaggi momentanei”

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Produttività del lavoro in Italia: in 6 anni segnato un aumento solo del 0,4%. Il quadro desolante dell’Istat https://www.business.it/produttivita-del-lavoro-in-italia-in-6-anni-segnato-un-aumento-solo-del-04-il-quadro-desolante-dellistat/ Tue, 26 Mar 2019 11:48:04 +0000 https://www.business.it/?p=43380 Tra il 2000 e il 2016 la produttività del lavoro in Italia è aumentata solo dello 0,4%, contro il 15% registrato in Francia, Regno Unito e Spagna, e il 18,3% in Germania. E’ questo il quadro desolante mostrato dall’Istat nel suo “Rapporto sulla competitività dei settori produttivi”, che riconferma la scarsa produttività del lavoro, uno… Leggi tutto »Produttività del lavoro in Italia: in 6 anni segnato un aumento solo del 0,4%. Il quadro desolante dell’Istat

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Tra il 2000 e il 2016 la produttività del lavoro in Italia è aumentata solo dello 0,4%, contro il 15% registrato in Francia, Regno Unito e Spagna, e il 18,3% in Germania. E’ questo il quadro desolante mostrato dall’Istat nel suo “Rapporto sulla competitività dei settori produttivi”, che riconferma la scarsa produttività del lavoro, uno dei grandi mali dell’economia italiana. Secondo il report, un unico segnale positivo si intravede nel 2018, dove anche se il dato è risultato in calo dello 0,1% nel nostro Paese, è rimasto comunque in linea con quanto registrato negli altri Paesi Ue per la prima volta dal 2013. Il rapporto ricorda che la crescita dell’economia italiana è rallentata nel 2018, con un +0,9% da +1,6% del 2017 e il divario nei confronti dell’area euro, cresciuta in media dell’1,8%, è tornato così ad ampliarsi dopo essersi ridotto nel biennio precedente.
“Il rallentamento della crescita italiana nel corso del 2018 si inserisce in un contesto di indebolimento del ciclo internazionale condiviso da tutte le principali economie europee. Nel nostro Paese – si legge nel rapporto – la flessione è stata più accentuata, ampliando nuovamente il divario di crescita rispetto all’area dell’euro che si era ridotto nel biennio precedente”. L’Istat sottolinea che “la decelerazione dei consumi delle famiglie ha accomunato Italia e Germania” e che “la dinamica degli investimenti fissi lordi in Italia è stata invece significativa e più accentuata di quella registrata nelle principali economie dell’area euro, anche se permane il divario accumulato negli anni precedenti”. Dunque la dinamica del Pil osservata dall’Istat, è stata frenata dalla significativa decelerazione delle componenti interne di domanda. Il contributo alla crescita dei consumi finali si è dimezzato in Italia (da 0,9 a 0,4 punti percentuali tra il 2017 e il 2018) come in Germania (da 1,3 a 0,7 punti percentuali) ma non in Spagna (da 1,8 a 1,7 punti percentuali in entrambi gli anni).
Quanto all’industria, nel 2018 il fatturato manifatturiero è cresciuto del 3,2%, in frenata rispetto al 5% del 2017. E le indagini qualitative rivelano segnali di “incertezza crescente”. Circa un terzo del totale delle imprese, il 32,4% nel 2018 ha registrato infatti una situazione di “ripiegamento” e hanno subito perdite sia sul mercato internazionale che sui mercati interni. Quelle “vincenti” rappresentano il 24,3% del totale, in “sensibile riduzione” dal 34,3% dell’anno precedente. Sul fronte della competività, l’Istat evidenzia che “né il costo del lavoro né l’evoluzione dei prezzi sembrano avere svolto un ruolo di freno per il Paese”.

 

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Non c’è più fiducia nell’Italia: imprese e consumatori voltano le spalle al Bel Paese https://www.business.it/nessuno-ha-fiducia-nellitalia-lanalisi-impietosa-dellistat-sul-bel-paese/ Wed, 27 Feb 2019 14:12:44 +0000 https://www.business.it/?p=41445 Non ci si fida più dell’Italia. Questa la sintesi della fotografia scattata dall’Istat al nostro Paese, con “un ampio calo” dell’indice di fiducia dei consumatori che passa da 113,9 punti a 112,4. Ed è in “evidente flessione” anche l’indice composito delle imprese (da 99,1 a 98,3), che tocca il minimo da quattro anni, partire da febbraio… Leggi tutto »Non c’è più fiducia nell’Italia: imprese e consumatori voltano le spalle al Bel Paese

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Non ci si fida più dell’Italia. Questa la sintesi della fotografia scattata dall’Istat al nostro Paese, con “un ampio calo” dell’indice di fiducia dei consumatori che passa da 113,9 punti a 112,4. Ed è in “evidente flessione” anche l’indice composito delle imprese (da 99,1 a 98,3), che tocca il minimo da quattro anni, partire da febbraio 2015. Continua così per le aziende “una evoluzione negativa in atto ormai dallo scorso luglio”. L’indice dei consumatori tocca il valore più basso da 18 mesi con un peggioramento per tutte le componenti del clima.Il clima economico e quello corrente registrano le flessioni più consistenti mentre cali più moderati caratterizzano l clima personale e quello futuro. Più in dettaglio, il clima economico cala da 130,5 a 126,6, il clima personale passa da 108,9 a 108,2, il clima corrente scende da 112,4 a 109,4 e il clima futuro flette da 117,4 a 116,9. Per le imprese, l’indice di fiducia diminuisce in gran parte dei settori, con la sola eccezione del commercio al dettaglio, dove l’indice aumenta da 102,9 a 105,4, il valore più alto da un anno. Invece l’indice di fiducia delle costruzioni, dopo l’aumento dello scorso mese, torna a diminuire (da 139,2 a 135,5), mantenendosi comunque su livelli storicamente elevati.Nella manifattura l’indice passa da 102 punti a 101,7, il livello più basso a partire da agosto 2016 (quando era sempre di 101,7) e peggiorano, per il secondo mese consecutivo, le attese sulla produzione, unitamente a un aumento del saldo relativo alle scorte di magazzino. I giudizi sul livello degli ordini permangono sostanzialmente stabili rispetto allo scorso mese. Nelle costruzioni,il deterioramento del clima di fiducia riflette un deciso ridimensionamento delle aspettative sull’occupazione presso l’impresa e una stabilità, rispetto allo scorso mese, dei giudizi sugli ordini.Per quanto riguarda il settore dei servizi (dove l’indice cala 98,6 a 98,3), l’Istat segnala il deterioramento dei giudizi e delle aspettative sugli ordini, mentre i giudizi sull’andamento degli affari sono in miglioramento. L’indice rimane sotto quota 100 (il livello del 2010) da tre mesi. Nel commercio al dettaglio, infine, il miglioramento del clima di fiducia è la sintesi di un’evoluzione positiva, tanto per i giudizi quanto per le attese sulle vendite, diffusa a entrambi i circuiti distributivi analizzati (grande distribuzione e distribuzione tradizionale); il saldo dei giudizi sul livello delle giacenze aumenta.

“L’Italia non premia l’eccellenza. Io, 19enne campione d’informatica ad Harvard”

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Stangata gialloverde: tremano le imprese italiane, i numeri di una manovra pesantissima https://www.business.it/manovra-arrivata-la-stangata-dai-gialloverdi-cosa-succedera-alle-imprese/ Sat, 29 Dec 2018 10:07:54 +0000 https://www.business.it/?p=37830 Si era partiti con l’annuncio in pompa magna di una flat tax Irpef al 15 per cento per 30 milioni di contribuenti. E invece, oggi, i numeri parlano di una pressione fiscale in crescita, decisa. Calcolata e annunciata dall’Upb, l’Ufficio studi del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, durante una movimentata seduta in Commissione Bilancio della Camera riunita… Leggi tutto »Stangata gialloverde: tremano le imprese italiane, i numeri di una manovra pesantissima

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Si era partiti con l’annuncio in pompa magna di una flat tax Irpef al 15 per cento per 30 milioni di contribuenti. E invece, oggi, i numeri parlano di una pressione fiscale in crescita, decisa. Calcolata e annunciata dall’Upb, l’Ufficio studi del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, durante una movimentata seduta in Commissione Bilancio della Camera riunita per un passaggio formale della Finanziaria: nel 2019, dopo cinque anni di costante contrazione, aumenterà di quasi mezzo punto, dal 42 per cento di quest’anno al 42,4 del prossimo.Il calcolo è stato riportato da La Repubblica, che scrive di maggiori entrate nette per 12,9 miliardi. Un calcolo che somma le nuove tasse vere e proprie che ammontano a 12,4 miliardi e le entrate per i condoni vari che arrivano a 7,3 miliardi. In tutto 19,7 miliardi ai quali, correttamente, sottrae le riduzioni di tasse che arrivano a 6,8 miliardi. In tutto un peso aggiuntivo che, in un modo o nell’altro, graverà sulle tasche degli italiani, pari appunto a 12,9 miliardi.Occhi puntati soprattutto sul trattamento alle imprese: in tre anni, scrive Repubblica numeri alla mano, subiranno un peso aggiuntivo di 2,4 miliardi, già dal prossimo anno pagheranno 1,8 miliardi in più. È vero che ci sono misure come il raddoppio della deducibilità dell’Imu sui capannoni, il forfait del 15 per cento sugli utili reinvestiti e il taglio dei contributi Inail sulla busta paga, ma queste misure non compensano la cancellazione per 2 miliardi dell’Iri, la vagheggiata flat tax al 24 per cento delle società e dell’Ace, misura per favorire il rafforzamento patrimoniale già utilizzata da oltre un milione di imprese.A salvarsi sono invece i piccoli imprenditori individuali: un insieme di 500 mila professionisti, artigiani e commercianti che beneficeranno della mini-flat tax: Irpef al 15 per cento se hanno ricavi inferiori a 65 mila euro. Colpite anche l’industria dell’auto (ecotassa), quella dei giochi (aumento del prelievo di 2 miliardi in tre anni), le web company (1,3 miliardi in tre anni), quella bancario-assicurativa (5,5 miliardi in tre anni).

Anno nuovo, nuovi aumenti: prepariamoci a una stangata che riguarda tutti

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