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Terremoto: la burocrazia contro gli italiani, ecco come blocca la ricostruzione

In quasi quattro anni sono stati spesi solo 49 milioni dei 2 miliardi e 160 milioni stanziati per gli aiuti alle zone colpite dal terremoto di agosto 2016 nel centro Italia. E la ricostruzione è ancora ferma al palo, bloccata dalla morsa della burocrazia che stritola il Paese. Oltre 300 morti, quattro territori (Lazio, Umbria, Marche, Abruzzo) coinvolti e più di due milioni e mezzo di macerie ancora da rimuovere. Come accadde per il terremoto del 1997 in Umbria, sono migliaia le persone ancora fuori casa, costrette a vivere in alloggi provvisori in condizioni precarie.

Perché questi inaccettabili ritardi, che rendono impossibile il superamento della fase emergenziale e l’avvio della ricostruzione? Causa principale è soprattutto il blocco posto dai troppi passaggi burocratici degli iter per l’avvio dei lavori, unitamente alla scarsa preparazione degli enti locali e ai continui cambi di amministrazioni e di competenze. Il risultato? Tutto bloccato. Eppure da fare ci sarebbe tanto. E anche se i fondi ci sono, nessuno è in
grado di spenderli per ridare vita ai territori distrutti dal sisma.

Neanche i contributi arrivati dalla solidarietà dei cittadini, destinati a 95 interventi, sono ancora stati spesi. Su circa 3000 opere di recupero e ricostruzione stimate, ad oggi solo 11 (per lo più edifici scolastici) sono stati ultimati e altri 4 sono in dirittura d’arrivo, sebbene 3 di questi abbiano subito diversi rallentamenti.

 

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