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Fisco, le tre aliquote Irpef targate Meloni: ecco cosa cambierà con la riforma fiscale

Tre aliquote Irperf invece che quattro, con un taglio delle detrazioni per finanziare i risparmi. La riforma del fisco targata Meloni è ormai prossima ad approdare in Cdm, probabilmente già la settimana prossima. Tra le principali novità c’è la riforma Irpef che dovrebbe toccare principalmente i contribuenti con una fascia di reddito medio-bassa. “L’articolo 5 – si legge nella bozza visionata dal quotidiano Adnkronos -, interviene sull’Irpef nel breve periodo con la transizione a 3 scaglioni e aliquote più basse, ma come obiettivo di legislatura il governo indica la flat tax per tutti”. Secondo il viceministro all’Economia Maurizio Leo, la riforma del fisco del governo Meloni arriverà in consiglio dei ministri a metà marzo. Oltre alle novità delle tre aliquote Irpef, l’esecutivo sta pensando al superamento dell’Irap e a nuovi meccanismi di tassazione per le imprese. Una riduzione dei crediti d’imposta servirà a finanziare le manovre. Mentre cambierà anche l’approccio all’accertamento fiscale. In base alla bozza, i controlli sulle imprese si divideranno in due: per le piccole attività è stato pensato un concordato preventivo biennale, mentre per le grandi aziende si starebbe puntando ad un coordinamento della cooperative compliance.

Da 4 a 3 aliquote Irpef
In base alla bozza di legge, il primo step della riforma riguarda riguarda il passaggio da 4 a 5 aliquote, con l’accorpamento, della seconda e terza fascia di reddito (ovvero quelle tra 15 mila euro e 50 mila euro) e una rimodulazione delle aliquote. Ovviamente questo cambio inciderà sulle buste paga, ma per dire se queste saranno più generose o meno è ancora troppo presto. Andando nel dettaglio, attualmente i contribuenti italiani sono divisi in quattro fasce. La prima è quella di 15 mila euro di reddito, sottoposta a un prelievo del 23%. Poi c’è quella dai 15 ai 28 mila euro, con un prelievo del 25%. Da 28 a 50 mila si arriva al 35%. Oltre i 50 mila l’aliquota è al 43%. Come ha riportato il quotidiano Il Messaggero, l’ipotesi principale vede una fusione tra i due scaglioni centrali, con un risparmio per chi guadagna tra i 28 e i 50 mila euro. Secondo i primi calcoli chi ha un reddito di 20 mila euro avrebbe uno sgravio di 100 euro annui. Con un reddito di 35 mila il taglio dell’Irpef ammonterebbe a 400 euro. Chi guadagna 50 mila euro invece risparmierebbe fino a 700 euro di tasse.
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Il via entro la metà di marzo
La riforma fiscale prenderà il via a metà marzo. Il vice ministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha confermato l’approdo in Consiglio dei ministri della legge delega per la prossima settimana: “Siamo alle battute finali per poi avviare una riforma strutturale”, ha detto il vice ministro, che ritiene il fisco “una leva per accelerare la ripresa”. Il ministro Leo ha chiarito che “l’intenzione del governo è di riordinare tutto il sistema tributario, partendo dal rendere coerente il nostro ordinamento con quelle che sono le regole dell’Unione europea e internazionali”.
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Tax expenditures per finanziare la riforma fiscale
Il piano targato Meloni di rivoluzionare il sistema tributario italiano non costerà certo poco alle casse dello Stato. Sorge dunque spontaneo chiedersi dove prenderà il governo il denaro necessario per attuare le riforme. Per ridurre gli scaglioni Irpef occorrono finanziamenti, ma secondo il vice ministro Leo c’è già un piano pronto. Il governo infatti intende recuperare le risorse dalle tax expenditures, ovvero gli sconti fiscali che riducono l’imponibile tassabile, che sarebbero gli sconti fiscali come detrazioni sui mutui, spese sanitarie o del veterinario, etc, alla quale un contribuente può accedere in dichiarazione dei redditi. Il vice ministro Leo ha calcolato in 600 questi sconti per un valore di 156 miliardi. Un sacco di soldi che potrebbero quindi aiutare la riduzione delle aliquote, ma che ovviamente, se verranno ridotte o cancellate, saranno un peggioramento della pressione fiscale per chi ora ne gode. A tal proposito infatti, secondo quanto ha riportato il Corriere della Sera, una ipotesi sul tavolo del ministero parla di un taglio che potrebbe non essere fatto dallo Stato, bensì dal contribuente, chiamato a scegliere quali detrazioni mantenere e a quali invece dire addio, in base a una cifra stabilita entro cui si dovrà rimanere.




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