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Il governo gialloverde “vola”! Altro che tagli agli aerei blu: vantaggio 31-14 su Renzi

“Tagli, tagli, tagli”. I grandi slogan del Movimento 5 Stelle, e degli alleati leghisti, vengono smontati giorno dopo giorno dalla realtà. Oggi ci concentriamo sui “voli blu”, cioè i voli di Stato. Avevano fatto mille propagande contro quello che volutamente in errore ribattezzarono “l’aereo di Renzi” (il quale non ci è nemmeno mai salito sopra, dato che era destinato alla promozione del brand Italia all’estero) e ora ecco qua che saltano fuori numeri al quanto imbarazzanti. Nei primi quattro mesi di esecutivo, il ricorso ad aerei di Stato non ha subito alcun “taglio” rispetto al passato: per oltre trenta volte, il 31esimo Stormo dell’ Aeronautica militare ha spiccato il volo. Da giugno a settembre, la lista, consultabile sul sito del governo, annovera sul podio Matteo Salvini con sette viaggi.

Segue il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, con sei; due per il titolare del dicastero dell’ Economia Giovanni Tria, uno per l’omologo agli Esteri Enzo Moavero Milanesi, il quale evidentemente ha meno impegni di quanto fosse prevedibile (in teoria, stando agli esteri, dovrebbe usarne più di tutti, ma anche questo la dice lunga sulla politica estera di questo governo…). Nella lista non figurano i viaggi compiuti dal premier Conte, ma soltanto perché la legge non lo prevede. In totale, compresi gli scali, 33 voli di Stato per i politici dell’esecutivo.

Nei primi 4 mesi di governo Renzi – giusto per fare il confronto con una delle vittime predilette dei 5 Stelle – il numero era nettamente inferiore: 14 voli con ministro a bordo, oltre la metà rispetto a quelli gialloverdi. Eppure, proprio l’ex leader del Pd era finito sotto accusa dai grillini. Era il novembre 2016 e il senatore Vito Crimi tuonava: “Renzi nulla dice sui costi dei voli di Stato suoi e del suo governo. Quanto ha speso in questi 1000 giorni di governo Renzi in voli di Stato?”. Il pugno duro contro la casta degli aerei blu sfociò poi, qualche mese dopo, in un esposto alla procura, poi archiviato, contro l’allora ministro Alfano reo di aver volato troppo.

La propaganda a 5 stelle adesso però sbatte sulla realtà. E Di Maio, che in ogni viaggio non perdeva occasione di rimarcare la sua sobrietà, forse non se n’è accorto. Eppure già nel 2013, quando era vicepresidente della Camera, aveva raccontato così in un video sui social la sua visita istituzionale in Slovenia: “Poche parole su come sono arrivato qui: ci sono arrivato senza volo di Stato, per molti un’opzione scontata”.

Continuava, pontificando: “Io e i funzionari della Camera abbiamo preso un volo di linea Alitalia, classe economy, fino a Trieste, poi da qui abbiamo preso un van per viaggiare un’ oretta in autostrada. Il fatto di non usare voli di Stato e auto blu è quello di non perdere di vista la realtà, i problemi del paese”. Anche nel suo recente viaggio in Cina il vicepremier ha ostentato il francescanesimo sfoggiando il biglietto Economy di Alitalia. Il pentastellato, che voleva tagliare i voli blu, ora si ritrova a far parte di un governo a cui piace volare.

E questo stona con il populismo pauperista dei 5S e anche con un falso risparmio. Perché, anche se a terra, i costi fissi della flotta di Stato vengono pagati lo stesso e tenere fermo nell’ hangar l’ aereo blu, come ha denunciato il dem Michele Anzaldi, costa 20mila euro l’ora tra spese di manutenzione, leasing, tecnici, equipaggio e addestramento. Alla faccia della lotta agli sprechi.

 

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