Nuovi guai giudiziari per Ciro Di Maio: il conduttore tv e attore, già arrestato un anno e mezzo fa con l’accusa di detenzione ai fini di spaccio, è stato fermato nuovamente. Tre litri di droga dello stupro importata in Italia dalla Cina e pagata in Bitcoin: questa l’accusa per Di Maio. Il sostituto procuratore di Milano Baj Macario, dopo le indagini della Guardia di Finanza di Malpensa, ha chiesto per lui il giudizio immediato. Condannato precedentemente per un reato analogo, il 24 agosto 2021 era stato arrestato e ha dovuto scontare un anno e 4 mesi di galera.
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Un passato da Carramba boys
L’attore ha esordito in tv alla fine anni ’90 come “Carramba boys”. Un passato difficile a livello giudiziario che l’ha portato più volte in carcere: fu arrestato e condannato in primo grado dal Tribunale di Milano e a una multa da 3.800 euro. Il secondo arresto, che ha visto l’ex conduttore Rai prima ai domiciliari e poi in libertà allo scadere dei termini di custodia cautelare, parte da una spedizione arrivata alla Cargo City dell’aeroporto di Malpensa proveniente dalla Cina, intercettata dalle Fiamme Gialle del Gruppo di Malpensa che hanno individuato la sostanza stupefacente.
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Le indagini della Guardia Di Finanza
I finanzieri come fa sapere Repubblica, al fine di acquisire ulteriori prove utili a individuare i responsabili del traffico di droga seguendo, in incognito ed a distanza, hanno monitorato la spedizione fino alla consegna della stessa al destinatario avvenuta a Milano. Il conseguente intervento in flagranza, ha consentito di sequestrare la spedizione contenente circa 3 litri di Gbl e di arrestare l’importatore.
Durante l’operazione, i finanzieri hanno perquisito l’abitazione dell’arrestato ed hanno trovato altro Gbl, in gergo detto anche “Gisella” o “Geena”, Cocaina e Mefedrone. La “Gisella” importata in Italia veniva successivamente assunta oppure ceduta, secondo l’accusa, utilizzando in quest’ultimo caso anche servizi di corrieri a richiesta.
Ma lui giura: “La droga era per me”
Dai primi accertamenti degli inquirenti è emerso che Di Maio acquistava lo stupefacente online e lo pagava in moneta virtuale: l’etichettatura indicava che il pacco conteneva silicone. In sede di convalida davanti al Gip, Di Maio si era avvalso della facoltà di non rispondere rilasciando spontanee dichiarazioni: “La droga era per uso personale. Non l’ho mai ceduta ad altri”. Una linea difensiva molto simile al processo precedente.
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