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Chi tifa per un’Italia con l’acqua alla gola? Lo scenario da mercato delle pulci che Salvini e Di Maio fanno finta di non conoscere

L’incubo di un default disastroso o di Italexit. Le voci di retroscena corrono tra le piazze finanziarie europee più importanti, da Londra a Francoforte, da Parigi a Madrid, per arrivare nei corridoi di Piazza Affari a Milano. E anche oggi, mentre lo spread supera quota 313 punti, il telefono squilla: una nuova indiscrezione arriva a confermare lo scenario che si intuisce da giorni. Chi tifa per un’Italia sempre più con l’acqua alla gola? Il governo Conte non intende fare passi indietro sulla manovra, non modificherà quella percentuale di rapporto tra deficit e Pil che viola le regole di Bruxelles. L’Europa dice di voler trattare ma se la maggioranza gialloverde non sarà disposta ad aprire a modifiche della manovra il vicolo è cieco.

italexit

E’ lo scenario peggiore, quello evocato da molti analisti. Tra i pareri più significativi in questi giorni è arrivato quello di Jim O’Neill, ex top manager di Goldman Sachs AM ed ex Cancelliere dello Scacchiere britannico. Secondo O’Neill l’Europa rischierebbe grosso se lasciasse l’Italia al suo destino, se non venisse aiutata ad ottenere una crescita più robusta dell’attuale. C’è poi il maledetto spread e il deleterio effetto negativo degli interessi sul debito pubblico. Per O’Neill le discussioni sul rapporto debito/PIL dell’Italia non sono una novità. Ne parlava con i suoi colleghi di Goldman già molti anni fa, ben prima dell’ingresso nella moneta unica. Già allora ci si interrogava sul possibile default italiano. Ma siamo sicuri che a sfruttare l’effetto spread e a tifare per un’Italia con l’acqua alla gola siano solo gli speculatori di professione?

No, niente dietrologie, complottismi o scie chimiche. E’ scritto nella storia degli ultimi anni e si sta ripetendo in queste settimane.  A sfruttare l’effetto spread non sono solo gli speculatori e gli investitori più spregiudicati. Ci sono stati sovrani interessati all’effetto che il rendimento dei titoli di stato ha sulla stabilità delle banche italiane. Perché? Perché le vogliono comprare, magari per pochi spiccioli. E dopo le banche ci saranno le aziende, con il progressivo disimpegno dei capitalisti italiani più avveduti e ancora con qualche soldo in tasca dopo dieci anni di pessima congiuntura economica. Scenario apocalittico? No, anzi. Potrebbe rappresentare la ciambella di salvataggio che ancora manca al nostro paese se la situazione del debito dovesse precipitare nell’arco di un anno o poco più. Un default pilotato, col paracadute.

Del resto non è una novità che gli stati europei facciano campagna acquisti in Italia. Facciamo l’esempio della Francia nel settore bancario. E’ successo con Bnp Paribas, che prima si è presa la Banca Nazionale del Lavoro nel 2006 e poi si è accaparrata anche Findomestic, la principale società di credito al consumo in Italia. Ma altri storici istituti di credito legati ai nostri territori di provincia, caduti in disgrazia a causa dei crediti deteriorati, sono stati acquisiti a prezzi modici da banche francesi. Un altro istituto molto attivo nella campagna acquisti è stato Credit Agricole, socio storico di Intesa Sanpaolo. La “banca verde” si è accaparrata nel 2007 Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza e Banca Popolare FriulAdria, qualcosa come 654 sportelli nelle regioni più produttive d’Italia. Alla Germania, invece, sono sempre interessate di più le aziende. Facciamo l’esempio del colosso Italcementi, acquisito per 1,66 miliardi di euro nel 2015 da HeidelbergCement, o ancora l’anno prima dello storico marchio motociclistico MvAgusta comprato da Mercedes e la bergamasca Clay Paky, campione mondiale delle luci usate nei grandi eventi, dai concerti di Lady Gaga alla notte degli Oscar, passata alla teutonica Osram.

Insomma, Francia e Germania tiferebbero per un’Italia debole, sull’orlo del default, per normalizzarla comprandosi gli asset più importanti. Uno scenario da “mercatino delle pulci” su cui tacciono in troppi a Roma.  Tutto questo, ovviamente, non tiene conto dei diversi “piani B” che circolano da settimane. Dalla crisi di governo indotta dall’altissimo rischio default, con conseguente esecutivo di salvezza nazionale magari con Draghi a Palazzo Chigi, alla spaventosa Italexit evocata da Paolo Savona prima che il governo Conte si insediasse. Ma fa impressione che dagli ambienti vicini alla maggioranza di governo, sia dalla Lega che dal M5S, non emergano analisi sullo scenario che vede un’Italia sempre più a rischio di annessione franco-tedesca. Noi pensiamo invece che Salvini abbia in mente altro. Attendere le elezioni europee per lanciare l’assalto sovranista-populista a Bruxelles, magari con l’appoggio dell’amico Putin, lo zar del Cremlino che altri retroscena vogliono ben disposto ad acquistare parte del debito pubblico italiano per salvare i suoi preziosi alleati in chiave anti-Europa.

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