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Coworking, il lavoro condiviso si appresta a rivoluzionare il nostro stesso modo di vivere

Il coworking si appresta a modificare in profondità la nostra società. Se la crisi economica ha avuto come conseguenza una vera e propria rivoluzione nel mondo del lavoro, portando ad esempio alla pratica scomparsa del posto fisso, ora sembra arrivato il momento di ridisegnare anche gli spazi, con l’ufficio tradizionale destinato a lasciare il posto ad altre realtà in cui la parola d’ordine è condivisione.

Cos’è il coworking

Il coworking è nato nel 2005, a San Francisco, ad opera di Brad Neuberg, il quale decise di ricorrere a spazi condivisi con l’obiettivo primario di tagliare in maniera pressoché permanente i costi derivanti dal dover mantenere un ufficio.
Già la traduzione del termine dall’inglese all’italiano dovrebbe chiarire non poco le idee. Coworking significa infatti lavorare in condivisione, mettendo in comune le rispettive conoscenze, gli strumenti di lavoro, le relazioni e altro. Il tutto con il fine di far crescere importanti sinergie, in grado di andare a vantaggio di tutti coloro che partecipano al progetto. In pratica, proprio in questo modo l’uomo torna finalmente al centro del lavoro, riacquistando una posizione persa gradatamente nei decenni in cui il modello lavorativo prevedeva uno spazio fisico come l’ufficio, da raggiungere ogni mattina per prestare il lavoro concordato con il datore. La convivenza che si sviluppa, infatti, permette di dare vita ad una vera e propria comunità, unificata dall’obiettivo di fondo, la realizzazione professionale.
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Un mondo di freelancer

Il coworking, naturalmente, non riguarda i lavoratori normali, ma i cosiddetti freelancer, ovvero i liberi professionisti che lavorano di volta in volta su un singolo progetto e hanno svariati committenti. Secondo il rapporto “Freelancing in America: 2016”, realizzato dalla piattaforma online Upwork in collaborazione con la Freelancers Union su una base statistica formata da 6mila professionisti, già oggi il 35% dei lavoratori statunitensi appartiene a questa categoria. Considerata l’incidenza del Jobs Act, che ha, in pratica, sancito la fine del lavoro fisso in Italia secondo gli addetti ai lavori, anche nel nostro Paese ben presto i freelancer potrebbero raggiungere percentuali significative.
Ciò significa che i nuovi rapporti di lavoro dovranno trovare nuove forme di espressione e realizzazione, partendo proprio dalla ridefinizione degli spazi di lavoro. Se molti freelancer lavorano ormai da casa, approfittando delle connessioni a Internet, altri non intendono comunque rinunciare ad avere uno spazio fisico in grado di operare una separazione dalla sfera domestica, comprimendo però sin dove possibile le spese.
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Una vera manna per le start-up

A giovare del coworking sono soprattutto le imprese tecnologiche nate da poco, le start-up, che per ovvi motivi non possono ancora generare utili significativi e quindi avvertono la necessità di limitare al massimo i costi. Affittare uno spazio in un ufficio e poter magari utilizzare il personal computer messo a disposizione dal suo proprietario può in effetti aiutare non poco sotto questo punto di vista. Va peraltro sottolineato come lo spazio lavorativo sia distinto dalla massima libertà, in quanto si può decidere se utilizzarlo, e quindi pagarlo, in base alle proprie reali necessità. Proprio da qui nasce la possibilità di incastrare le proprie esigenze con quelle di altri professionisti, scegliendo come e quando utilizzare lo spazio condiviso.
Un modo di lavorare che sembra peraltro rispondere benissimo a esigenze di non poco conto come la sostenibilità e la lotta agli sprechi. Il coworking, infatti, obbliga tutti i partecipanti a limitare allo stretto indispensabile l’utilizzo dello spazio, ottimizzando anche i consumi.