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Marco Mengoni non si fida di Giorgia Meloni: “Governo anacronistico sui diritti, mi spaventa”

Venerdì prossimo esce il nuovo album di Marco Mengoni che si intitola ‘Prisma’. Ma quell’arcobaleno che gli attraversa il volto sulla copertina si collega alla bandiera che il cantautore ha sventolato sul palco della finale di Eurovision dieci giorni fa, insieme a quella italiana. Nel corso di un’intervista, Mengoni spiega il significato di quel gesto e punta il dito anche contro il governo guidato da Giorgia Meloni che lo “spaventa”.
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Marco Mengoni governo Meloni

Marco Mengoni spaventato dal governo Meloni

“Era la bandiera dell’inclusività totale contro ogni discriminazione. – Marco Mengoni spiega così il significato della bandiera sventolata all’Eurovision – In Italia vedo tante cose che non capisco perché, nel 2023, mi sembrano anacronistiche. Non è mio desiderio andare contro, ma il mio desiderio è quello di capire cosa sta succedendo. Credo che l’inclusione e le minoranze siano parte integrante della società”. Ecco la prima frecciata contro il governo Meloni.
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“Mi spaventa un po’ (la politica del governo Meloni sui diritti delle persone Lgbtq+, ndr). – prosegue Marco Mengoni – Ma non sono il solo, visto che lo ha detto anche un capo di governo d’oltreoceano (il riferimento è al premier canadese Justin Trudeau, ndr). Ci sono azioni che vedo e pensieri che sento che mi fanno venir voglia di gridare le mie idee anche a costo di ricevere i commenti negativi che ovviamente sono arrivati dopo quella bandiera. Anche se erano più positivi. Non mi piace la posizione dell’attuale governo”.

Marco Mengoni non si riferisce soltanto alle posizioni considerate estremiste del ministro Eugenia Roccella, ma anche alle “osservazioni del presidente della Camera Fontana. Vorrei capire perché c’è questo approccio. Non mi piace usare la parola ‘fascismo’. Non sono d’accordo con quanto detto però. È un esercizio invocare qualcosa di dittatoriale? O qualcosa per aprire un dibattito e confrontarsi? Certo che se fosse questa seconda opzione non mi sembrerebbe la strada giusta. Vedo l’assolutismo, come se tutta questa gente non vivesse per strada o non andasse al supermercato a parlare con la gente. Come giudicare Cuba dalla stanza di un cinque stelle. Non ho assistenti che fanno tutto per me, non vivo nell’olimpo dei cantanti: ho amici che fanno altre cose con cui mi confronto”, conclude così Mengoni.
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