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Miliardari coi bitcoin: la vicenda dei gemelli Winklevoss, famosi dopo la causa a Zuckerberg

Diventare miliardari coi bitcoin è possibile e lo dimostra la vicenda ci cui sono stati protagonisti i gemelli Winklevoss, Tyler e Cameron. I due trentaseienni sono famosi per la causa intestata a Mark Zukerberg, per aver in pratica dato vita a Facebook rubando la loro idea originaria.
La causa è terminata con il versamento di 65 milioni di dollari da parte dell’accusato, 11 dei quali sono stati immediatamente investiti in bitcoin.

Un’ottima idea

Una decisione, quella del gemelli Winklevoss, che si è rivelata estremamente saggia, se si pensa che in base alla ricostruzione effettuata dal Guardian, i 100mila bitcoin acquistati nel 2013 al prezzo di 120 dollari l’uno, oggi ne valgono circa 11.500.
In pratica ora il gruzzolo totale sarebbe salito a 1,150 miliardi di dollari facendo dei gemelli, resi celebri anche da David Fincher in The Social Network, dei miliardari coi bitcoin.
Va peraltro ricordato come sulla vicenda continui ad aleggiare una certa nebbia, in quanto la ricostruzione del tutto verte su una intervista da essi rilasciata al New York Times, in cui ricordavano di aver deciso di investire sulla criptovaluta appunto 11 milioni di dollari.
Una cifra che aveva consentito loro di costruire uno dei più importanti portafogli di bitcoin a livello globale, se solo si pensa che in quel momento rappresentava la centesima parte del totale.
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I gemelli non parlano

Per sapere se sono effettivamente diventati miliardari coi bitcoin, occorrerebbe però sapere da loro stessi se siano ancora gli effettivi detentori della criptovaluta che era stata acquistata all’epoca coi proventi derivanti dalla causa a Zuckerberg, o se nel frattempo abbiano invece deciso di vendere almeno una parte del portafogli.
Va comunque ricordato che i gemelli Winklevoss non hanno mai dichiarato nulla al proposito, generando il convincimento che siano ancora in possesso dell’asset in questione.
Un convincimento cui è giunto anche The Telegraph, secondo il quale avrebbero in loro possesso un patrimonio che ammonterebbe ad oltre un miliardo di dollari.
Lo stesso organo fa notare come si possano contare sulle dita di una mano coloro che possono vantare un patrimonio di questa entità, tra cui naturalmente il creatore della criptovaluta, ovvero Satoshi Nakamoto.
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L’allarme della BCE

Se la vicenda del gemelli Winklevoss dimostra come si possa diventare miliardari coi bitcoin, va però registrato come il mondo della finanza ufficiale continui a guardare con grande sospetto al fenomeno.
A partire dalla Banca Centrale Europea guidata da Mario Draghi, che non ha esitato a sollevare l’allarme sulle criptovalute. Ad incaricarsi di sferrare l’attacco è stato Yves Mersch, affermando come trattandosi di moneta virtuale essa non possa rappresentare un credito nei confronti di chi l’abbia emessa, caratteristica che ne esclude la qualifica di valuta.
L’attacco di Mersch avviene in un momento in cui le criptovalute sono oggetto di una larga discussione, originata dalla pratica scomparsa di quasi 4 milioni di bitcoin, che alle quotazioni attuali creerebbero un buco gigantesco, per oltre 4 miliardi di dollari.
L’allarme proviene da una ricerca pubblicata di recente dalla rivista Fortune, e ha destato non poco scalpore, anche perché i casi venuti alla luce non contribuiscono sicuramente al buon nome delle criptovalute.
Basti pensare che tra i casi ricordati c’è quello di un impiegato americano il quale, dopo aver acquistato 7500 bitcoin, avrebbe buttato l’hard disk su cui erano conservati. Una mossa assolutamente improvvida, che gli sarebbe costata poco meno di 90 milioni di dollari.
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