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Terrorismo report 2018: Twitter ha sospeso 1,2 milioni di utenti

Continua la lotta al terrorismo da parte dei social network. Sul finire dello scorso anno solare è nato il GIFCT (Global Internet Forum to Counter Terrorism) che ha lo scopo di rispondere alle strategie propagandistiche estremiste e terroristiche online, contrastandole. Il continuo dialogo e collaborazione con i governi (attraverso la partecipazione alle riunioni del G7 e del Consiglio Europeo) la cooperazione con altre aziende del settore, associazioni civili ed enti accademici sono una parte fondamentale della iniziativa sposata dai tre principali social network: Twitter, Facebook e YouTube. Inoltre, sempre per contrastare il divulgarsi del messaggio propagandistico con finalità terroristiche sui social network, è stata realizzata la “Tech against terrorism”: la piattaforma è stata implementata dalla fondazione ICT4Peace, in seguito alla risoluzione 2354/2017 del consiglio di sicurezza dell’ONU e in conformità alle raccomandazioni del comitato anti terrorismo dell’ONU stessa. Ma importanti novità arrivano da Twitter: stando all’ultimo report sul terrorismo online diffuso nella giornata di ieri, il social dei cinguettii ha sospeso oltre 1,2 milioni di utenti dal 2015 a oggi. 

Twitter contrasta il Terrorismo

Ma è negli ultimi mesi che i numeri di Twitter per la lotta al terrorismo sono diventati ancora più importanti: durante il periodo di riferimento che va dal 1 luglio 2017 fino al 31 dicembre scorso la società americana ha sospeso definitivamente 274.460 per violazioni legate alla promozione del terrorismo. “Questo fenomeno è in calo dell’8,4% rispetto al volume relativo al  periodo di riferimento precedente ed è il secondo periodo di rendicontazione consecutivo in cui possiamo riscontrare un calo del numero di account sospesi per propaganda del terrorismo” – si legge in una nota diffusa dal CEO di Twitter – “Continuiamo a vedere l’impatto positivo e significativo dopo anni di duro lavoro che rendono il nostro spazio un luogo indesiderato per coloro che cercano di promuovere il terrorismo: i messaggi propagandistici sono sempre più lontani dai cinguettii di Twitter.” Del resto, solo sei mesi fa l’azienda americana ha rivendicato grandi vittorie nel contrasto alle attività terroristiche sulla propria piattaforma. Questo è potuto accadere, stando a quanto sottolineato da Twitter, grazie alla maggiore attenzione da parte dei “moderatori” che hanno messo a tacere i messaggi pro-terrorismo. Certo, i messaggi di propaganda non sono miracolosamente scomparsi dal web ma si sono spostati verso altri lidi come, per esempio, Telegram che oggi risulta essere la piattaforma principale scelta dai militanti delle agenzie terroristiche per diffondere messaggi di odio.

La Commissione Europea “bacchetta” Twitter

Eppure, il mese scorso la Commissione Europea ha definito una nuova regola per le piattaforme di social media da seguire per quanto concerne i messaggi a sfondo terroristico. Secondo l’UE, dunque, i contenuti illegali presenti anche su Twitter dovranno essere tolti, obbligatoriamente, entro un’ora dalla segnalazione da parte di altri utenti. Il provvedimento della Commissione Europea non è ancora entrata a tutti gli effetti in vigore, ma la persistente minaccia di propaganda di messaggi terroristici attraverso i social network sta orientando, sempre più, l’UE a tramutare i propositi in leggi. L’obiettivo politico dei vertici europei è quello di incoraggiare le piattaforme social a migliorare e controllare i propri spazi volontariamente, senza bisogno di un “watch-dog”, ovvero cane da guardia. Per quanto riguarda specificamente l’argomento terrorismo, inoltre, la Commissione Europea ha anche sollecitato un aumento di tecnologie disponibili dalle aziende tecnologiche come l’attuazione di misure proattive e i rilevamenti automatici di possibili profili “fake” su Twitter. E a febbraio 2018 il governo del Regno Unito ha comunicato di aver incaricato un’azienda locale per la costruzione di uno strumento di blocco dei contenuti estremisti. L’obiettivo è quello di costringere le aziende britanniche a utilizzarlo. Insomma, nonostante i report siano favorevoli ai social network la pressione politica resta parecchio alta.
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