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Banche e Fintech: Amazon e il futuro della finanza

Altro che banche, sim, case d’investimento e mediatori creditizi. Nel settore finanziario i big del futuro potrebbero essere le aziende che oggi dominano già la rete di internet e il comparto tecnologico: Google, Amazon, Facebook e Apple, che i consulenti d’impresa identificano con la sigla Gafa e che da tempo meditano di allargare il proprio business in campi oggi dominati per lo più dalle banche e dalle case d’investimento.

L’avanzata del fintech, gli utenti sempre più digitali, l’espansione dei giganti tecnologici e il capolino della blockchain. Basta citare questi trend per capire quanti occhi aperti e quanta attenzione servano oggi per seguire la trasformazione digitale della finanza, alle prese con una rivoluzione senza precedenti. Tra il pressing delle startup e dei colossi tecnologici, i ritmi evolutivi della finanza sono diventati sempre più frenetici, con un’arena che ha visto un rapido innalzamento della competizione. Ed è in questo contesto che, seppur più consapevoli dell’impatto delle tecnologie sul settore, gli operatori finanziari scontano ancora un ritardo strategico.

A parziale conferma che le cose stanno cambiando in fretta, l’utenza viaggia verso il digitale a passo spedito: il 16% degli italiani ha utilizzato almeno un servizio fintech nel corso del 2017 e il 56% dei clienti bancari è attivo sui canali digitali, con il peso della componente mobile in crescita dal 9 al 15% in un anno. Non tutti gli istituti stanno lavorando per rispondere a questa domanda digitale ed è un temporeggiamento a perdere.

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La partnership di Amazon

Arriva una pesante indiscrezione circa il recente accordo siglato dal colosso del commercio elettronico Amazon con il gruppo finanziario Bank of America- Merrill Lynch per offrire congiuntamente prestiti e finanziamenti. Questa alleanza rappresenta però soltanto una piccola tappa di un lungo percorso già iniziato da tempo e che probabilmente porterà molto lontano, verso una profonda trasformazione dell’industria del risparmio e del credito.

Cos’è Amazon Lending come funziona

Non una piattaforma di pagamenti digitali, ma di prestiti a piccoli imprenditori. È Amazon Lending, legata al colosso dell’E-commerce. Per ora funziona solo in Usa, Giappone e Regno Unito, ma ha già erogato circa 3 miliardi di dollari di prestiti. Anche qui, la vera forza è la velocità. Il prestito – dopo l’analisi quasi istantanea dell’azienda, compiuta da un algoritmo – viene erogato nel giro di 24 ore. I prestiti sono a breve termine (durata massima un anno) e vanno da un minimo di mille dollari a un massimo di 750mila. I tassi di interesse lasciano un po’ perplessi: si va dal 6 al 17%.

La vera forza di Amazon Lending quindi risiede nei dati. Un’istruttoria di un prestito dura al massimo 24 ore. Una velocità che non teme rivali e che poggia tutto sui potenti algoritmi di Amazon. Poter disporre della liquidità richiesta in un arco temporale così ridotto è sicuramente un punto di forza. E nasceva proprio da qui l’allarme lanciato da Francisco González e Ralph Hamers nei giorni scorsi: i dati in possesso di colossi come Amazon, Google, Facebook e Alibaba possono fare la differenza e risultare determinanti anche nel mondo della finanza e del credito.

La partnership fra Amazon e Bank of America Merrill Lynch è un segnale fortissimo di come Bezos abbia deciso di cambiare rotta. Fino a oggi, infatti, Lending era stato un servizio tenuto abbastanza nascosto. L’intento di Amazon era quello di esplorare il mercato e testarne il funzionamento. L’accordo con una vera e propria banca di investimenti, invece, cambia le carte in tavola, perché offre ad Amazon maggiore copertura. E questo potrebbe ripercuotersi fortemente sul mercato creditizio statunitense. 

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Il business dei pagamenti

Ma anche altri colossi della rete si stanno muovendo nella stessa direzione. Proprio poche settimane fa il social network più grande del mondo, Facebook, ha chiesto una licenza bancaria in Irlanda, con l’obiettivo di offrire poi in tutta Europa servizi di pagamento attraverso la propria piattaforma.

Stesso discorso per Apple e Google. Anche loro hanno scelto il business dei pagamenti elettronici (con i servizi Apple Pay e Pay with Google) per iniziare a esplorare il settore dei servizi finanziari. E’ difficile però che il loro raggio di azione resti circoscritto alle sole transazioni elettroniche. I big di internet, compresi quelli che operano in Cina come Baidu e Alibaba, hanno infatti un vantaggio competitivo invidiabile: hanno già conquistato miliardi di utenti in tutto il mondo su cui hanno raccolto una miriade di dati, riguardo alle loro abitudini di vita e di consumo.

La velocità della trasformazione digitale

“La velocità con cui si sviluppano le nuove tecnologie e si susseguono le spinte al cambiamento indotte dalla rivoluzione digitale porta a una continua ridefinizione dei confini della competizione e del modello di business dei soggetti finanziari e bancari – spiega Marco Giorgino, responsabile scientifico dell’Osservatorio Fintech & Digital Finance – Le spinte digitali esterne sono costituite dalle crescenti ambizioni delle aziende tecnologiche sulle attività finanziarie, dalla dinamicità delle startup fintech e dalla nascita di ecosistemi aggiuntivi al trust bancario come quelli basati su blockchain. Ma si assiste anche alla nascita di importanti motori di cambiamento interni, come la presa di coscienza dell’importanza della gestione dei dati, la rilevanza dell’intelligenza artificiale e forme organizzative agili più adatte alla finanza dal Dna digitale”.

Le spinte alla trasformazione digitale non derivano dunque solo dalle esigenze della clientela e delle imprese, ma anche da fenomeni esterni. Si sono ormai affacciati nuovi competitor come le società tecnologiche o come le startup innovative, in grado di raccogliere finanziamenti per 25 miliardi di dollari negli ultimi tre anni. Ed è interessante osservare come oltre 50 grandi imprese internazionali operanti in settori diversi da quello finanziario stiano espandendo le proprie iniziative su segmenti delle attività finanziarie.

Offrendo una o più soluzioni sviluppate internamente (il 60%), tramite partnership con banche e compagnie assicurative (24%) o con anche altre tipologie di attori, come società non finanziarie, startup e service provider (16%). Questa situazione sembra comunque destinata a durare, visto che gli equilibri della finanza digitale sono ancora tutti da scrivere.

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