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Cinzia Spanò (associazione Amleta): “Parole di Barbareschi parte della cultura dello stupro”

L’associazione Amleta risponde a Luca Barbareschi sugli abusi sessuali. L’attrice e presidente del collettivo artistico femminista “Amleta” replica al regista e produttore, sempre dalle pagine di Repubblica, che ieri avevano dato spazio al primo. “Le attrici che denunciano molestie cercano visibilità”, aveva dichiarato Barbareschi. “Parole gravissime, offensive, ignobili. Sono parte della cultura dello stupro“, la replica dell’attrice.
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Cinzia Spanò e il Collettivo Amleta
Il collettivo Amleta

Spanò dell’associazione Amleta risponde a Luca Barbareschi

La presidente dell’associazione Amleta risponde a Luca Barbareschi. Cinzia Spanò a Repubblica: “Duecentoventitré denunce non le abbiamo inventate. E chi si è esposta ha sempre corso un grande rischio, altro che pubblicità. Dica questo a Barbareschi: che le sue parole sono gravissime, offensive, ignobili”. Arianna Finos le domanda cosa pensa del fatto che il regista abbia definito “finte” le molestie denunciate dalle attrici. “E su cosa si basa? Come fa a dirlo? È una forma di vittimizzazione secondaria gravissima con cui si invalidano ancora una volta le parole delle donne. E con cui si fa un danno enorme non solo a chi si è esposto. Ma anche a chi sta pensando di denunciare. Qualcuno dovrebbe ricordare a Barbareschi che non è dio e che il suo percepito non è la realtà. Mi viene da pensare che false siano le sue parole”.

“Non è un ragionamento logico. Se anche una di loro mentisse non significa che tutte le donne mentano. È uno stereotipo molto radicato che fa parte di un sistema che chiamiamo cultura dello stupro e che ha come obiettivo mantenere intatte le architetture di potere basate sull’oppressione e sulla violenza. Bisognerebbe piuttosto dare parola a queste attrici e capire cosa hanno loro da dire sull’esperienza vissuta in quelle occassioni. Le donne che abbiamo incontrato disposte a denunciare hanno elementi, prove, testimonianza che confermano quel che dicono”.

L’associazione Amleta e il movimento MeToo

“Perché non fare i nomi?”, chiede la giornalista. “Col tempo li faremo. Più i signori Barbareschi andranno avanti a parlare, più noi non solo continueremo a raccontare ma la nostra voce diventerà sempre più grande. Non esiste una sola attrice che dopo aver denunciato una violenza abbia visto la sua carriera decollare. Semmai è il contrario. Le attrici che si espongono lo fanno come atto di coraggio e generosità perché non accada ad altre. Queste persone vanno ringraziate, non denigrate”.

“Ma dal vostro MeToo qualcosa è cambiato?”, le chiede infine Finos. “Stiamo andando avanti in tribunale con le denunce, lavoriamo all’introduzione del reato di molestie sui luoghi di lavoro affinché tutte le donne siano tutelate, abbiamo stilato delle linee guida assieme all’Unione casting director italiani per rendere i provini sicuri, stiamo lavorando con l’associazione delle produzioni cinematografiche perché vengano applicati i protocolli anti violenza e anti molestia sui luoghi di lavoro. Al contrario di quel che dice Barbareschi laddove ci sono regole si libera la creatività, si lavora meglio, tutti, tranne gli abuser. Il MeToo non è un momento, è un movimento”.

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